Siamo nell’unica legislatura della storia repubblicana, e forse anche a livello mondiale, che si trova a votare due volte la riforma elettorale.

[Pausa di riflessione]

Ci troviamo di fatto al ritorno al Consultellum come base della discussione (della marmotta).

Quando proponevamo il Mattarellum nel 2013 e nel 2014, prima che Renzi optasse per l’Italicum, il quadro politico era molto diverso. 

C’erano ancora centrosinistra e centrodestra, prima che si puntasse sul governo di legislatura (o quasi) che li superasse con le larghe intese e il patto del Nazareno. Lo stesso Grillo aveva dato segnali di apertura, anche se al solito contraddittori. Del resto, il governo allora in carica aveva promesso e chiesto la fiducia indicando la durata della legislatura in due anni. Ma poi si è deciso diversamente, nonostante la sentenza della Corte costituzionale (la data era quella del 4 dicembre 2013, tre anni prima della domenica del referendum costituzionale) avesse dichiarato l’incostituzionalità delle modalità di elezione e, soprattutto, di composizione delle due Camere.

Ora il quadro è mutato. Personalmente, essendo il politico più noioso di tutti i tempi, non ho cambiato idea. Meglio un deputato e un senatore eletti collegio per collegio, che i cittadini conoscano, magari con il doppio turno di collegio, appunto. Per scegliere persone riconosciute, che abbiano la loro constituency elettorale e politica, che possano esercitare quell’essere rappresentanti della Nazione che è stato troppe volte bistrattato. Che abbiano un legame con il loro partito, ma anche (e soprattutto) con i loro elettori. 

Pare che nonostante i proclami questa strada sia più impervia del previsto. E che si parli già di un Mattarellum rivisitato, con metà uninominali e metà proporzionale. Un Mattarellum alla tedesca, perché il sistema virerebbe così verso il sistema elettorale in vigore da tempo in Germania.

Un’altra soluzione ancora più probabile è che si riparta, come scrivevo qualche riga fa, dal Consultellum.

Sono convinto che la Consulta interverrà solo parzialmente e soprattutto sulla questione più incredibile: che, grazie alla scarsa lungimiranza e all’azzardo di chi ha votato l’Italicum con fiducia, ci si trovi ad avere due sistemi elettorali diversi, già contestati dalla sentenza 1/2014 (quella ‘prima’).

Quindi si ripartirà con tutta probabilità dalla legge emersa dalla precedente sentenza. E lo si farà ritoccando soglie e premi. Anzi, passando dal premio al bonus, ovvero un premietto, così chi vince in realtà da solo non potrà comunque governare (soprattutto i 5 stelle, è chiaro). Se il premio era sbagliato, il bonus parziale è ridicolo. Distorce la rappresentanza senza nemmeno garantire la governabilità.

Del resto, quando in Italia il Pd ha iniziato a proporre il modello greco, Tsipras e i greci si sono subito precipitati a modificare la legge elettorale e cancellare il premio.

Una soluzione del genere potrebbe essere sollecitata da chi ha fretta, come il premier ‘uscito’. Fretta che già lo ha condannato con le sue ‘riforme’ bocciate dai cittadini e dalla realtà, ma che evidentemente rimane l’unico canone che il Nostro (anzi, il Loro) conosce.

Se posso permettermi, credo che non ci siano molte alternative all’idea di fare esattamente il contrario dell’Italicum, ovvero optare per un sistema che sia già in vigore in un altro Paese europeo.

Il mio è solo un consiglio a chi in Parlamento ha molti numeri e finora ha dimostrato di avere poche idee e molto confuse. E che in pochi mesi deve risolvere i guai che questa legislatura ha creato. E non è stata colpa della marmotta, e nemmeno delle stelle, ma di chi ha scelto un impianto politico che ha portato a questa pessima situazione. Senza ascoltare chi esprimeva cautele e preoccupazioni di ordine democratico e costituzionale.

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