Noi le battaglie giuste le facciamo sempre. Non facciamo calcoli, né ci interessa posizionarci. Il sì e la partecipazione democratica erano e sono due cose giuste. Del resto, chi di noi si è allontanato dalla maggioranza lo ha fatto esplicitamente per non fare cose sbagliate.

Ora, quando abbiamo deciso di chiamarci Possibile, intendevamo proprio questo: che un'alternativa è sempre data e che si può costruire insieme. Più di 15 milioni di persone che vanno a votare non sono un flop: lo stesso Palazzo Chigi si diceva preoccupato dalla soglia dei 12 milioni in su. E non sono pochi i voti.

La scelta del Governo di collocare il referendum ad aprile lo aveva condannato sul nascere. La marginalità del quesito non aiutava a diffondere il messaggio sulle Prealpi e nell'Appennino profondo. L'astensione ormai strutturale riguarda il 30 o addirittura il 40 per cento del corpo elettorale. Di questo qualcuno festeggia, ma c'è poco da festeggiare.

In queste settimane ci siamo scatenati ma abbiamo sempre (sempre) parlato di cautela, infatti.

Siamo sempre stati al merito del referendum, anche se aveva un netto carattere di opposizione, che il primo peraltro ad alimentare è stato proprio il governo.

Con un ex Presidente della Repubblica che aderisce alla campagna astensionistica, il Presidente in carica che vota alle 20.30 ("vengo dopo il Tg"), il partito di maggioranza relativa schierato in gran parte per il non-voto, non è poca cosa incontrare un terzo degli elettori al seggio.

Non è facile cambiare le cose: lo sappiamo bene. Quando presentammo i quesiti lo scorso anno, quesiti che poi non furono sostenuti nemmeno da coloro che quest'anno li ripresentano in alcuni casi pari pari, avevamo associato il tema ambientale a molti altri. Lavoro, scuola e legge elettorale: avessimo votato ieri chissà cosa sarebbe successo.

La nostra non è una recriminazione, è una riflessione che si impone a tutte e tutti. Negli ultimi anni si sono succeduti governi di larghe intese sempre più strette, dei quali in particolare quello in carica ha messo mano al lavoro, alla scuola, all'ambiente e alla Costituzione tradendo se stesso e gli impegni presi con gli elettori in un clima di inerzia a cui non abbiamo deciso di non rassegnarci: e infatti non ci rassegniamo, resisteremo un minuto di più della loro capacità di tirarla per le lunghe. E questa è una promessa.

Da oggi ricominciamo, come sempre, convinti di aver fatto la cosa giusta, in collaborazione con le associazioni più impegnate attraverso tutto il paese, anche se sappiamo che non è ancora abbastanza. Ma lo sapevamo anche prima. Perché non basta essere contro o affidarsi al colpo di scena: ci vuole una cultura politica diversa e un progetto di governo che continuiamo a costruire. E mentre ieri gli esponenti del partito della nazione e dell'astensione si menavano in tv e sui social, noi abbiamo proseguito in ciò che è giusto, secondo le nostre sensibilità, in coerenza con ciò che pensiamo.

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