La parte finale del pezzo di oggi di Benedetta Tobagi per Repubblica:

La sfida dell’inquinamento, lo ripetono tutti, richiede un approccio coordinato di scala più ampia: per trasformare gli impianti di riscaldamento (prima causa d’inquinamento), promuovere i trasporti su rotaia, incentivare il passaggio alle auto ibride ed elettriche.

Di “approccio coordinato”, però, non se ne vede granché. Nella metropoli assediata dall’emergenza inquinamento, balenano le contraddizioni. La sera di santo Stefano me ne sono andata al cinema – con i mezzi, e faccio di nuovo mea culpa: non avrei certo rinunciato a prendere macchina, in condizioni normali (osservo, però, che poter riutilizzare ancora, andata e ritorno, lo stesso biglietto timbrato la mattina, mi ha dato una certa soddisfazione: attendo le analisi statistiche, ma l’incentivo – adottato anche a Roma e a Torino – mi sembra azzeccato).

Immaginate lo stupore del pubblico in sala quando, tra le pubblicità prima del film, va in onda uno spot ministeriale che, tra immagini epiche di tir che sfrecciano sulle autostrade e camionisti dal sorriso rassicurante, inneggia nientemeno che all’autotrasporto. Spulcio tra i documenti pubblici del Ministero dei Trasporti e trovo il piano delle campagne di comunicazione 2015: lo spot dev’essere parte delle “iniziative finalizzate alla diffusione sui canali televisivi, circuiti cinematografici e web, di messaggi di comunicazione e sensibilizzazione volti a evidenziare l’importanza fondamentale dell’autotrasporto nazionale”. Con buona pace degli esperti che, da giorni, ricordano che una drastica riduzione del trasporto su gomma è conditio sine qua non per contrastare in modo efficace l’inquinamento atmosferico (e ci siamo già dimenticati di quando gli scioperi degli autotrasportatori hanno messo in scacco l’Italia?).

Il nodo sta qui. Pioverà, prima o poi; il livello delle polveri scenderà, il problema Pm10 tornerà mediaticamente invisibile, com’è fisicamente impercettibile nella vita quotidiana, e si andrà avanti come prima, tra sussulti di buona volontà dei cittadini ed amministrazioni più o meno virtuose, ma in assenza di un piano coordinato di prevenzione strutturale.

L’approccio al problema delle polveri sottili, da questo punto di vista, non mi pare troppo diverso da quello alla prevenzione dei rischi sismici e idrogeologici, purtroppo. Che è poi quello della storiella raccontata nel bellissimo, terribile, profetico film di Mathieu Cassowitz L’odio: «È la storia di una società che precipita, e che mentre sta precipitando si ripete per farsi coraggio ‘fino a qui tutto bene’, ‘fino a qui tutto bene’, ‘fino a qui tutto bene’. Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio».

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