Da gufo della palude, fui molto rimproverato quando dissi che il Nazareno, con Mattarella e lo schema che portò alla sua elezione, si era solo preso una vacanza. Che le ragioni del patto erano troppo forti e necessarie per essere definitivamente superate. Quasi tutti mi diedero addosso, perché non celebravo il cambiamento di gioco, che avrebbe cambiato il mondo.

Archiviato Mattarella e il suo schema, si è recentemente parlato di una terribile rottura tra Verdini e Berlusconi, che ha portato il primo a mollare il secondo, per dare una mano al governo. Solo che il secondo non è parso particolarmente colpito, né i suoi sono sembrati preoccupati. Sembrava più che un divorzio, un gioco delle parti. O, forse, un prestito.

Ora i giornali celebrano il ritorno sulla scena di Letta nella versione anziana e in quella giovane e gigliata. E parlano di ritorno del Nazareno, di una sua filologica resurrezione, di un ulteriore trasformazione del trasformismo.

Nel frattempo, e ci torniamo presto, anche in Senato ritorna lo schema delle riforme nazarene, con Finocchiaro a officiare, come già lo scorso anno.

I nazareni non muoiono mai. Silvio (e Denis) ci sono sempre stati. E senza di loro, semplicemente, non ci sarebbe nulla. Puf.

E invece quando si parla di televisione, guarda caso, si riaccendono i teleschermi, come se niente fosse. E la grande luminaria torna a illuminare (si fa per dire) le sorti del Paese.

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