Articolo pubblicato su Ossigeno, la rivista di People.

Ha fatto il giro dei social la foto di Giorgia Meloni abbracciata a tre bambini etiopi. Molto meno è circolata la sua dichiarazione sul passato coloniale dell’Italia, che in Etiopia è stato particolarmente devastante, in particolare all’epoca del fascismo “imperiale”.

Meloni è abile: non ha risposto alle domande del giornalista, l’ha buttata in caciara, come sua abitudine, dicendo che «il tema non è emerso» perché in Etiopia non c’è Repubblica. Sarebbe stato importante invece ascoltare la sua versione dei fatti e una sua riflessione in merito.

Per le ragioni storico-politiche rinvio a questo pezzo di Davide Conti per il Manifesto.

Ciò che è importante considerare – all’insegna del «Non siete fascisti ma» – è che non si tratta solo di una considerazione che riguarda il passato: la posizione sul nostro colonialismo ha molto senso presente. Attuale. Perché non avere un giudizio sulle nostre responsabilità da Paese invasore e colonialista comporta un’interpretazione di un certo tipo delle migrazioni di oggi e non solo. Significa ribadire un patriottismo irresponsabile e puramente retorico, funzionale alla propria politica sotto il profilo elettorale e nient’altro.

«Non vedere il nesso», come ha dichiarato Meloni, costituisce il problema principale: perché è proprio il nesso a doverci interessare, se vogliamo capire e affrontare le cose per quelle che sono.

Certo, Meloni è in imbarazzo perché la questione riguarda la storia del PNF e poi del Msi – che ebbe grande riguardo per i protagonisti delle più nefande vicende della nostra campagna in Etiopia: a maggior ragione dovrebbe parlarne.

Se non lo fa è per preservare la memoria di cui si è spesso dichiarata erede e per negare una chiave politica che riguarda il Paese, l’Europa e insomma tutti quanti.

Bella la foto, pessima la figura.

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