Pare sia scoppiata una bagarre, dopo la mia visita in Sardegna di sabato, rispetto al tema: ci si allea con il Pd o no?

A me pare che la risposta sia semplice: se posso, secondo me, sia detto con il dovuto rispetto, no. Per ragioni che riguardano la logica prima che la politica.

In particolare, Sel mi sta attaccando selvaggiamente perché dice che il sindaco di Cagliari deve essere sostenuto da un’alleanza tra Pd e Sel. Il sindaco è di Sel e capisco benissimo che cosa intendono dire, solo che credo che ci si debba riflettere molto bene prima di indignarsi (un’indignazione curiosamente contraria a quella di molti elettori).

Per mesi sono stato dileggiato perché non uscivo dal Pd e mi sono fatto carico delle provocazioni, degli insulti e delle battutacce nella speranza che molti altri si rendessero conto, nel Pd, del problema. Molti si sono girati dall’altra parte (e non è una metafora) e si sono riconsegnati al Pd e in particolare alla filosofia politica del renzismo. Altri intendono organizzare una resistenza senza quartiere, non votando più nulla e però assicurando al governo la possibilità di continuare nel proprio percorso, che per ora ha voluto dire Jobs Act, Sblocca Italia, riforme pessime e un’alleanza strategica con il centro e con un pezzo notevole della destra (quella di potere). Per me era diventato insostenibile ragionare così e rivendico le ragioni di una scelta di sincerità.

Ora, è ragionevole immaginare che ci sia una lettura talmente devastante del quadro politico per la quale lo stesso Civati non è abbastanza credibile (è uscito tardi!) e il governo è terribile (e altre formule del genere) e nello stesso tempo riproporre alleanze con il partito di maggioranza relativa che esprime, ormai, quasi tutto a livello governativo?

Non sono di Sel e non voglio essere offensivo, anzi. Rispetto la loro discussione e penso che ognuno possa (debba!) fare le proprie scelte, però mi chiedo come si possa immaginare che alle prossime elezioni amministrative i più indignati sotto il profilo politico si alleino con le ragioni della loro indignazione.

Segnalo peraltro che alle amministrative è stato introdotto vent’anni fa il doppio turno, così ci si evita la tipica campagna del voto utile con cui ci hanno ossessionato in occasione delle Regionali di qualche settimana fa. Ma c’è una ragione più profonda e non tattica: se abbiamo ragioni così diverse da quelle del Pd, tanto da scandalizzarci, ci possiamo alleare con chi le sostiene? Oppure crediamo ancora che il Pd in realtà non sia quello che vediamo, come se il governo fosse una fata morgana?

E ancora: se dichiariamo che il centrosinistra non esiste più, perché qualcuno lo ha devastato (dal 2013 e qualcuno sostiene addirittura anche da prima), perché dobbiamo insistere nel realizzarlo?

Negare la fiducia in Parlamento e ribadirla in tutto il Paese non ha molto senso. Lo so che è dura da ammettere, ma iniziare a pensarci, senza offendere nessuno, forse è necessario.

Solo così, con l’autonomia e l’orgoglio delle nostre ragioni, potremo ricostruire un profilo politico di governo che muove da sinistra (dall’uguaglianza e dal progresso) per andare incontro a tutto l’elettorato. Se il problema è quello delle alleanze, forse conveniva entrare nel Pd, non uscirne.

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