Marina Terragni riflette sul concetto di moderazione e su quello strettamente collegato di conservazione.

Oggi è scattato il puntuale appello di Casini: «i moderati votino Renzi». Tutto giusto, sono vent’anni che si ragiona così e Casini, nonostante le piccole percentuali, ha vinto. Quell’alleanza che il Pd non ha voluto fare negli anni scorsi, si è materializzata in Parlamento, superando se stessa e andando a coinvolgere interi pezzi di Forza Italia (si fa un gran parlare di Verdini, ma ricordo che Alfano Cicchitto Formigoni Giovanardi e altri fanno parte del governo politico che intende durare fino al 2018). Del resto, come diceva qualcuno, non ci interessano i ministri della destra, ma gli elettori della destra. I ministri sono in carica, gli elettori continuano a votare a destra, ma tant’è.

Ciò che colpisce è che i moderati – e Casini ha ancora più ragione – possono (anzi, devono) votare il Pd. Del resto, il Pd fa cose molto moderate (nell’accezione centrodestrista del termine), fin troppo e non da oggi.

Il punto è che cosa voteranno tutti gli altri, che sono poco moderati, per intenderci, e che nel 2013 hanno votato tutto tranne che i moderati. Per usare le categorie della politica politicante, i progressisti cosa faranno? Chi vuole cambiare e non conservare lo status quo che piace a Casini, come si esprimerà? E chi, a sinistra, potrebbe fare un appello simile a quello di Casini, non a caso entusiasta di questo schema?

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