Minacciare il voto di fiducia sulla riforma elettorale, un provvedimento fondamentale in ogni democrazia, è un errore.

Lo scrive Claudio Tito. Che aggiunge:

E prospettare reiteratamente questa possibilità, come ha fatto il ministro delle Riforme, è uno sbaglio ancora più grande.

Mi permetto di ricordare prima di tutto a me stesso che il Pd ha deciso di votare la Costituzione in seduta fiume, che il premier ha messo la fiducia su una legge delega delicatissima (il cosiddetto Jobs Act), che in seguito ha abusato di quella delega inserendo nei decreti aspetti che non prevedeva (su tutto i licenziamenti collettivi), che la maggioranza proprio sull’Italicum – in Senato – ha usato il supercanguro dopo avere usato il canguro semplice sulla Costituzione. Diciamo che Calamandrei – che consigliava al governo di stare fuori dall’aula quando si discuteva di Costituzione – non abita più qui.

Non è un caso che il governo parli di fiducia e la usi come una minaccia: lo fa sempre.

E a furia di minacciare dalle larghissime intese sulle riforme siamo passati a maggioranze strettissime. Che potrebbero attestarsi sotto il quorum.

A me sembra grossa, non da oggi, la questione. E mi pare che sia un serial che ha una certa coerenza tra puntata e puntata.

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