Ripenso a questi due anni di legislatura. Si è parlato di scissione, di diaspora, in realtà si tratta forse meglio di uno scivolamento e di una progressiva emarginazione. O forse solo di uno spostamento.

Leggo Francesco Magris, che parla del «margine» (Al margine, Bompiani 2015) e dice:

I termini “margine”, “al margine” o “marginale” denotano, in primo luogo, un posizionamento spaziale e una collocazione geografica, ma stanno pure a indicare una categoria concettuale che include il significato di “secondario” o di “poca importanza”.

Marginali e emarginati si sentono molti elettori di sinistra.

Si sentono fuori gioco o fuori squadra, come direbbe Amleto. Tutto intorno a loro si sposta e si deforma. Pur stando fermi, loro, colgono strani movimenti.

Un famoso aneddoto racconta di un abitante di una città mitteleuropea che dice di essere stato in molti diversi paesi, ma senza mai muoversi, perché era stata la sua città a far parte ora dell’uno ora di un altro di quei paesi.

Per due principali ragioni: la prima è che si intende fare a meno di loro, salvo ovviamente quando si tratta di votare. Così li si sollecita non con argomenti propositivi, ma con non-argomenti come il voto utile. Che più che voto utile è in questo caso è un vuoto utile solo a mantenere gli equilibri e a usare la sinistra per andare al centro o verso destra.

La seconda è che non è solo il merito, è anche il metodo a peggiorare i rapporti.

Puoi introdurre la libertà di licenziamento per piacere a destra. Se però ridicolizzi i sindacati, non aspettarti che ti votino i sindacalisti e chi crede nelle organizzazioni che difendono il lavoro e i lavoratori.

Puoi fare lo Sblocca Italia, poi non sorprenderti se gli ambientalisti non ti votano più.

Puoi fare la scuola che per te è buona, ma devi stare attento: se tutti quanti si incavolano, poi magari non ti votano.

Se prendi in giro gli intellettuali e i professori, poi magari il mondo della cultura non si entusiasma.

Se tratti i magistrati sempre male, poi male ci rimangono.

Se ogni volta che parli di sinistra devi aggiungere aggettivi, poi magari quelli della sinistra (per te) sbagliata si organizzano.

Se tutti quelli che hanno consigli o critiche sono gufi, rosiconi o tafazzi, smetteranno presto di darti consigli o avanzare alternative. Tanto decidi tu.

Se non parli e non ti occupi dei poveri, già inclini all’astensionismo (a una marginalità sociale ed elettorale), poi non andranno a votare ma se andranno non voteranno per te.

Il margine è una diga contrapposta a quella “dismisura”, a quella hybris che per il pensiero greco è colpa e tragedia. Pure la cultura classica romana ha il forte senso del limes, del Vallo che doveva segnare i confini.

Se del margine non ti curi, poi magari capita che quel margine si stacchi o esploda:

La marginalità compressa e negata alla fine scoppia, travolge il sistema e il margine diventa il tutto.

Così succede abbastanza puntualmente nella storia dell’uomo.

A meno che semplicemente il disegno non sia quello di spostare i confini, arretrando dalla sinistra, da alcune questioni e quindi alcuni elettori, per stabilirsi da un’altra parte.

Intendiamoci, è legittimo: ma nel caso quelli del margine, al margine, se ne vanno. E accusarli di andarsene è ipocrita e molto ingeneroso. Perché? Perché lo hai voluto tu.

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