Ecco la mozione che porteremo al gruppo del Pd questa sera, per fare partire una discussione politica che non si svolga solo negli studi televisivi e che si chiuda con un voto e con una presa di posizione netta, come lo sono state (o lo sono sembrate) le dichiarazioni sui media di tutti e quattro i candidati (fino a ieri sera) e di molti esponenti del Pd di tutte le sensibilità.

Valuteremo se c'è coerenza nei comportamenti. Leggiamo già che molti si sono defilati, che un partito di maggioranza non può votare una mozione di sfiducia presentata dalle minoranze e che addirittura non può presentare un proprio documento. Tutte cose serie, s'intende: solo che non si capisce quale sia la posizione del Pd.

Ecco il testo della mozione, sottoscritta dai senatori Felice Casson, Laura Puppato, Sergio Lo Giudice, Corradino Mineo, Walter Tocci, Lucrezia Ricchiuti, Donatella Albano; tra i deputati, oltre al vostro affezionatissimo, gli onorevoli Luca Pastorino, Giuseppe Guerini, Paolo Gandolfi, Davide Mattiello, Veronica Tentori, Maria Grazia Rocchi, Sandra Zampa.

Siccome siamo inseguiti dalle solite inutili polemiche, faccio rilevare che il testo non sarà portato direttamente in aula, perché è il Pd che deve prendere posizione, non i suoi singoli esponenti. Perché il senso della nostra proposta è proprio questo: quello di far prendere posizione al partito, una volta per tutte, come NON è puntualmente accaduto in altre occasioni simili.

La Camera [vale ovviamente anche per il Senato]

premesso che:

nell'ambito di una indagine della Procura della Repubblica di Torino per falso in bilancio aggravato e manipolazione di mercato, con un "buco" finora ipotizzato di oltre 500 milioni di euro, il 17 luglio 2013 il G.I.P. di Torino dispose la custodia cautelare nei confronti di sette persone, tra cui Salvatore Ligresti e tre suoi figli (Giulia, Jonella e Paolo, le prime due condotte in carcere e il terzo ancora 
latitante all'estero);

lo stesso 17 luglio il Ministro della Giustizia "pro-tempore" telefonò alla consorte di Salvatore Ligresti e, come risulta da rituali intercettazioni telefoniche, dichiarò di mettersi a disposizione ("qualsiasi cosa", "conta su di me") , a disposizione di una famiglia il cui "capostipite Salvatore, appena nuovamente arrestato, era già stato notoriamente incarcerato e poi condannato in via definitiva per gravi reati contro la Pubblica Amministrazione e le cui due figlie inoltre hanno già chiesto (e Giulia pure ottenuto) il patteggiamento per la nuova vicenda processuale a pesanti pene di reclusione, superiori ai limiti della sospensione condizionale della pena;

lo stesso 17 luglio, sempre nel corso di conversazione telefonica ritualmente intercettata, il Ministro della Giustizia pro-tempore, legata da una dichiarata lunghissima amicizia alla famiglia Ligresti, esplicitò forti critiche verso l'operato della magistratura, dichiarando sulla vicenda processuale per ben quattro volte "non è giusto", pur non sapendo praticamente nulla della vicenda culminata con gli arresti e che successivamente avrebbe condotto ad indagare anche gli organi di controllo societari;

il 5 novembre 2013 il Ministro della Giustizia pro-tempore fornì al Parlamento sull'intera vicenda una "informativa", che si concluse senza alcuna votazione;

da successive notizie di stampa, si viene sapere che al Parlamento il 5 novembre, oltre che ai magistrati inquirenti il 22 agosto 2013, il Ministro della Giustizia pro-tempore avrebbe rilasciato dichiarazioni certamente incomplete sui suoi contatti telefonici con membri della famiglia Ligresti durante il periodo delle indagini, con un comportamento palesemente reticente, tanto da far ipotizzare 
pubblicamente a suo carico violazioni dell'articolo 371 bis del codice penale ("chiunque … richiesto dal Pubblico Ministero di fornire informazioni ai fini delle indagini, rende dichiarazioni false ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito …");

considerato che:

sulla testè riferita situazione, paiono venir meno i presupporti di trasparenza, lealtà, dignità e correttezza che dovrebbero indirizzare e contraddistinguere i comportamenti di ogni Ministro della Repubblica;

tale situazione fa venir meno, oggettivamente e soggettivamente, la fiducia nel Ministro della Giustizia pro-tempore;

visto l'art. 94 della Costituzione ai sensi dell'articolo 115 del Regolamento della Camera dei Deputati [ovvero dell’articolo 161 del Regolamento del Senato della Repubblica];

esprime la sfiducia al Ministro della Giustizia.

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