Incredibilmente, dopo due anni, si torna a dire che ci sono i numeri per il Mattarellum. Certi amori non finiscono, fanno dei nazareni immensi e poi ritornano.

Ora, prima questione: i numeri ci sarebbero? Alla Camera sì, ci sono sempre stati, e lo ha ricordato con veemenza il turborenziano Roberto Giachetti in direzione nazionale. Ora che il Pd si estende da ex-Prc a ex-M5s passado per quasi tutta Scelta Civica e raggiungendo quasi il quorum di maggioranza da solo, non dovrebbe esserci alcun problema. Anche perché Sel – che si presentò alle elezioni del 2013 con il Pd – è da sempre d’accordo.

Poi, però, se passasse alla Camera, dovrebbe tornare in Senato, e bisognerebbe chiederlo ad Alfano e ai centristi, all’interno della maggioranza e a M5s e ex-M5s tra le opposizioni. Fi è l’unico partito che è sempre stato contrario, ma chissà che non abbia cambiato idea. In ogni caso, al Senato oggi anche l’Italicum avrebbe numeri risicatissimi. Problema che si porrà comunque sulle riforme costituzionali. E l’approvazione del Mattarellum consentirebbe una stagione nuova anche per le riforme costituzionali, che finalmente potrebbero essere discusse in modo condiviso.

La prima domanda è quindi da rivolgere al Pd, la seconda al M5s: cari amici del M5s preferite l’Italicum o il Mattarellum? Contrarissimi all’Italicum come siete, potreste almeno astenervi sul Mattarellum, se non votare a favore, come sarebbe – credo – giusto, arrivati a questo punto?

Se questa fosse la soluzione cui si arriva ne sarei molto felice. Sarebbe la mia personalissima soluzione. Perché del ritorno al Mattarellum parlo da sempre: mi pareva la scelta più ovvia, fin dal 2006, quando eravamo al governo del Paese (confrontare qui).

All’inizio di questa legislatura avevo fatto notare come ci fosse una maggioranza (Pd-M5s, oltre a Sel e altri gruppi) favorevole al Mattarellum sostenuto anche da alcune dichiarazioni di esponenti del mio partito e da una proposta della autorevole presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato. E nello stesso senso andava la ormai celebre “mozione Giachetti”, sottoscritta da molti esponenti del Pd (tra cui il vostro affezionatissimo), ma che il 29 maggio 2013 la presidenza del gruppo e i ministri Pd ci chiesero di non votare.

Fu un gravissimo errore, un voto contro di noi, come scrissi subito, ma erano i tempi delle prime (anzi, seconde, dopo le “prove tecniche” del Governo Monti) larghe intese e si diceva che prima si dovevano fare le riforme costituzionali e che (quindi) la legge elettorale poteva, anzi doveva, venire dopo (un paio d’anni dopo, che a dire la verità ormai sarebbero anche passati…).

Che i capi di oggi e di ieri si rimproverino a vicenda di non averla votata, è abbastanza scandaloso: anche perché il Parlamento è lo stesso di allora e il ministro di allora è ancora ministro oggi, oltre a essere diventato uno dei principali sostenitori del segretario e del nuovo governo che ha liquidato Enrico Letta.

D’altronde, anche quando – dopo la condanna di Berlusconi – si cambiò registro e alla legge elettorale il Senato provò a metter mano, il Mattarellum no. Quello non poteva essere preso in considerazione, perché – sosteneva il ministro dei rapporti con il Parlamento Franceschini – mica si poteva approvare una legge elettorale con la sola maggioranza, formatasi, per di più, soltanto grazie a un premio “a rischio di costituzionalità” (allora, e poi effettivamente riconosciuto incostituzionale dalla Corte costituzionale con sentenza n. 1 del 2014).

Chissà se questa argomentazione vale ancora. O se invece l’Italicum si può approvare anche con la sola maggioranza divenuta tale, appunto, solamente a seguito di un premio di maggioranza effettivamente incostituzionale.

Da parte nostra, però, visto che ci continuava a sembrare la soluzione più rapida, efficace e ragionevole, abbiamo continuato a riproporre il Mattarellum. Precisando anche come funzionasse meglio la versione prevista per il Senati, tutta collegi uninominali (con piccolo recupero proporzionale dei migliori perdenti a livello regionale), senza i listini bloccati si partiti e partitini previsti nella versione della Camera. Con questa proposta siamo andati anche al Congresso.

Le primarie aperte si svolsero proprio all’indomani della sentenza con cui la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il Porcellum, facendo nuovamente emergere una piena disponibilità del M5s a votare (con noi) il Mattarellum. In quei giorni, tutti e tre i candidati alla segreteria del Pd si dissero favorevoli al Mattarellum. Tutti e tre.

Eppure la nuova segreteria complicò subito le cose lanciando tre proposte, in mezzo alle quali stava anche il Mattarellum, ma sempre arricchito dalla fissa di prendere i voti per legge (o in premio) anziché conquistarli sul campo. E quindi su quel Mattarellum, cioè un sistema maggioritario, veniva innestato un premio. Un maggioritario con premio equivale a un doppio premio, come avevamo detto.

In ogni caso il sistema prescelto è stato un altro, anche peggiore: l’Italicum, che qualche volte si vorrebbe spacciare – con una certa faccia tosta – come una specie di Mattarellum, ma che il realtà è un “Porcellum con le ali”.

Anzi, la verità è che l’Italicum è quanto di più distante dal Mattarellum. Alla cui reintroduzione – nella versione già prevista per il Senato – continuiamo a puntare.

In questo senso andrà la presentazione dei miei emendamenti. Ecco il primo, fondamentale, in tutto simile a quello che presentarono Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci e altri in Senato, dove fu bocciato dal Pd ancora nazareno: già allora Renzi rinunciò.

Con una precisazione: al Mattarellum si può applicare il doppio turno, tanto caro a Renzi. Un doppio turno vero, di collegio, non quello globale dell’Italicum.

Il Mattarellum, come il Presidente da cui prende il nome (guarda caso), rimetterebbe insieme il Pd.

Basta volerlo.

Art. 1

(Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati)
1. L’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
“Art. 1. – La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale, favorendo l’equilibrio della rappresentanza tra donne e uomini con voto diretto, libero e segreto, sulla base dei voti espressi nei collegi uninominali. I seggi nei collegi uninominali sono attribuiti con sistema maggioritario. Gli ulteriori seggi sono attribuiti proporzionalmente, nelle circoscrizioni elettorali indicate nella tabella A allegata al presente testo unico, tra i gruppi di candidati concorrenti nei collegi uninominali.2. Salvo quanto previsto al comma 3, il territorio di ciascuna circoscrizione è ripartito in collegi uninominali, pari ai tre quarti dei seggi assegnati alla circoscrizione, con arrotondamento per difetto. L’assegnazione degli ulteriori seggi spettanti è effettuata nell’ambito della medesima circoscrizione elettorale.
3. La regione Valle d’Aosta è costituita in unico collegio uninominale. Il territorio della regione Molise è ripartito in due collegi uninominali.
4. I collegi uninominali della regione Trentino-Alto Adige sono definiti dalla legge 30 dicembre 1991, n. 422.”.
2. All’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, il comma 2 è abrogato.
3. L’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
“Art. 12. – 1. Il tribunale nella cui giurisdizione si trovano uno o più collegi previsti dalla tabella delle circoscrizioni si costituisce in tanti uffici elettorali circoscrizionali quanti sono i collegi medesimi.
2. Se in un collegio si trovano le sedi di due o più tribunali, l’ufficio si costituisce nella sede avente maggiore popolazione.
3. Ogni ufficio elettorale circoscrizionale esercita le sue funzioni con l’intervento di tre magistrati, di cui uno presiede, nominati dal presidente entro dieci giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi.”;
4. L’articolo 18-bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
“Art. 18-bis. -1. La presentazione delle candidature per i singoli collegi è fatta per gruppi ai quali i candidati aderiscono con l’accettazione della candidatura. Ciascun gruppo deve comprendere un numero di candidature non inferiore a tre e non superiore al numero dei collegi della circoscrizione. La presentazione può avvenire anche per singoli candidati che non partecipano al riparto dei seggi in ragione proporzionale.
2. A pena di nullità dell’elezione, nessun candidato può accettare la candidatura in più di un collegio uninominale o la candidatura contestuale al Senato e alla Camera dei deputati.
3. Per ogni candidato deve essere indicato cognome, nome, luogo e data di nascita, il collegio per il quale viene presentato e con quale dei contrassegni depositati presso il Ministero dell’interno si intenda contraddistinguerlo.
4. La dichiarazione di presentazione del gruppo dei candidati deve contenere l’indicazione dei nominativi di due delegati effettivi e di due supplenti. La dichiarazione di presentazione delle candidature individuali può contenere l’indicazione di un delegato.
5. Tale dichiarazione deve essere sottoscritta: a) da almeno 1.000 e da non più di 1.500 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle regioni fino a 500.000 abitanti; b) da almeno 1.750 e da non più di 2.500 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle regioni con più di 500.000 abitanti e fino a 1.000.000 di abitanti; c) da almeno 3.500 e da non più di 5.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle regioni con più di 1.000.000 di abitanti. In caso di scioglimento della Camera dei deputati che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, il numero delle sottoscrizioni di cui alle precedenti lettere a), b) e c) è ridotto alla metà. Per le candidature individuali la dichiarazione di presentazione deve essere sottoscritta da almeno 1.000 e da non più di 1.500 elettori iscritti nelle liste elettorali del collegio.
6. L’accettazione della candidatura deve essere accompagnata da apposita dichiarazione dalla quale risulti che il candidato non ha accettato candidature in altri collegi.
7. La documentazione relativa ai gruppi dei candidati ed alle candidature individuali deve essere presentata per ciascuna circoscrizione alla cancelleria della corte d’appello o del tribunale sede dell’ufficio centrale circoscrizionale dalle ore 8 del trentacinquesimo giorno alle ore 20 del trentaquattresimo giorno antecedente quello della votazione.”.
5. Gli articolo 19 e 20 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, sono abrogati.
6. L’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
“Art. 22. – L’ufficio centrale circoscrizionale, appena scaduto il termine stabilito per la presentazione dei ricorsi o, nel caso in cui sia stato presentato ricorso, appena ricevuta la comunicazione della decisione dell’ufficio centrale nazionale, compie le seguenti operazioni:
a) stabilisce mediante sorteggio, da effettuarsi alla presenza dei delegati appositamente convocati, il numero d’ordine da assegnarsi ai candidati ammessi. I nominativi dei candidati ed i relativi contrassegni saranno riportati sulle schede di votazione e sul manifesto di cui alla lettera d) secondo l’ordine risultato dal sorteggio;
b) assegna per ciascun collegio un numero d’ordine a ciascun candidato secondo l’ordine di ammissione;
c) comunica ai delegati le definitive decisioni adottate;
d) procede, per ciascun collegio, per mezzo della prefettura nel cui ambito ha sede l’ufficio elettorale circoscrizionale: 1) alla stampa delle schede di votazione, recanti le generalità dei candidati ed i relativi contrassegni, i quali devono essere riprodotti sulle schede medesime con i colori depositati presso il Ministero dell’interno ai sensi dell’articolo 8; 2) alla stampa del manifesto con il nome dei candidati, con i relativi contrassegni e numero d’ordine ed all’invio del manifesto ai sindaci dei comuni del collegio, i quali ne curano l’affissione nell’albo pretorio ed in altri luoghi pubblici entro il quindicesimo giorno antecedente quello della votazione.
2. I nominativi dei candidati ed i relativi contrassegni saranno riportati nelle schede di votazione e sul manifesto secondo l’ordine di cui alla lettera b) del comma 1.
3. Le schede sono di carta consistente, di identico tipo e colore per ogni collegio, sono fornite a cura del Ministero dell’interno, hanno le caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle A e B allegate al presente decreto e riproducono le generalità dei candidati ed i contrassegni secondo l’ordine di cui alla lettera a) del comma 1.
4. Le schede devono pervenire agli uffici elettorali debitamente piegate.”.
7. Gli articolo 24 e 31 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, sono abrogati.
8. L’articolo 58, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
“2. Il voto si esprime tracciando, con la matita, un solo segno, comunque apposto, nel rettangolo contenente il contrassegno ed il cognome e nome del candidato prescelti. Sono vietati altri segni o indicazioni.”.
9. L’articolo 83 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
“Art. 83. – 1. L’ufficio elettorale circoscrizionale procede con l’assistenza del cancelliere alle operazioni seguenti:
a) effettua lo spoglio delle schede eventualmente inviate dalle sezioni;
b) somma i voti ottenuti da ciascun candidato nelle singole sezioni, come risultano dai verbali.
2. Il presidente dell’ufficio elettorale circoscrizionale, in conformità ai risultati accertati, proclama eletto per ciascun collegio il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti, è proclamato eletto il candidato più anziano di età.
3. Dell’avvenuta proclamazione il presidente dell’ufficio elettorale circoscrizionale invia attestato al senatore proclamato e dà immediata notizia alla segreteria del Senato, nonché alla prefettura o alle prefetture nelle cui circoscrizioni si trova il collegio, perché, a mezzo dei sindaci, sia portata a conoscenza degli elettori.
4. L’ufficio elettorale circoscrizionale dà immediata comunicazione della proclamazione del senatore eletto all’ufficio elettorale regionale, a mezzo del verbale.
5. Di tutte le operazioni dell’ufficio elettorale circoscrizionale viene redatto, in triplice esemplare, apposito verbale; uno degli esemplari è inviato subito alla segreteria della Camera dei deputati, che ne rilascia ricevuta; il secondo è trasmesso alla cancelleria della corte di appello o del tribunale sede dell’ufficio centrale circoscrizionale. Il terzo esemplare è depositato nella cancelleria del tribunale, dove ha sede l’ufficio elettorale circoscrizionale. Gli elettori del collegio hanno facoltà di prenderne visione nei successivi quindici giorni.
10. L’articolo 83-bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
“Art. 83-bis. -1. Per l’assegnazione dei seggi spettanti a ciascuna circoscrizione non assegnati nei collegi uninominali, l’ufficio centrale, appena in possesso delle comunicazioni o dei verbali trasmessi da tutti gli uffici elettorali circoscrizionali della regione, procede, con l’assistenza del cancelliere e alla presenza dei rappresentanti dei gruppi di candidati, alla determinazione della cifra elettorale di ciascun gruppo di candidati e della cifra individuale dei singoli candidati di ciascun gruppo non risultati eletti.
2. La cifra elettorale dei gruppi di candidati è data dalla somma dei voti ottenuti dai candidati presenti nei collegi uninominali della circoscrizione con il medesimo contrassegno, sottratti i voti dei candidati già proclamati eletti. La cifra individuale dei singoli candidati viene determinata moltiplicando per cento il numero dei voti validi ottenuti da ciascun candidato non risultato eletto, e dividendo il prodotto per il totale dei voti validi espressi nel collegio.
3. Per l’assegnazione dei seggi, l’ufficio elettorale regionale divide la cifra elettorale di ciascun gruppo successivamente per uno, due, tre, quattro …, sino alla concorrenza del numero dei senatori da eleggere, scegliendo quindi fra i quozienti così ottenuti i più alti in numero eguale ai senatori da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. I seggi sono assegnati ai gruppi in corrispondenza ai quozienti compresi in questa graduatoria. A parità di quoziente il seggio è attribuito al gruppo che ha ottenuto la minore cifra elettorale. Se a un gruppo spettano più seggi di quanti sono i suoi candidati, i seggi esuberanti sono distribuiti secondo l’ordine della graduatoria di quoziente.
4. L’ufficio centrale circoscrizionale proclama quindi eletti, in corrispondenza ai seggi attribuiti ad ogni gruppo, i candidati del gruppo medesimo che abbiano ottenuto la più alta cifra individuale, esclusi i candidati eletti ai sensi dell’art. 83.
5. Dell’avvenuta proclamazione il presidente dell’ufficio centrale circoscrizionale invia attestato al senatore proclamato e dà immediata notizia alla segreteria della Camera dei deputati, nonché alla prefettura o alle prefetture della regione, perché, a mezzo dei sindaci, sia portata a conoscenza degli elettori.
6. Di tutte le operazioni dell’ufficio centrale circoscrizionale viene redatto, in duplice esemplare, apposito verbale; un esemplare è inviato subito alla segreteria della Camera dei deputati, che ne rilascia ricevuta; l’altro è depositato nella cancelleria della corte d’appello o del tribunale sede dell’ufficio elettorale regionale, con facoltà agli elettori della regione di prenderne visione nei successivi quindici giorni.
11. L’articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
“Art. 86. -1. Quando, per qualsiasi causa, resti vacante il seggio in uno dei collegi in cui la proclamazione abbia avuto luogo con sistema maggioritario, il Presidente della Camera dei deputati ne dà immediata comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro dell’interno perché si proceda ad elezione suppletiva nel collegio interessato.
2. I comizi sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, purché intercorra almeno un anno fra la data della vacanza e la scadenza normale della legislatura.
3. Le elezioni suppletive sono indette entro novanta giorni dalla data della vacanza dichiarata dalla giunta delle elezioni.
4. Quando, per qualsiasi causa, resti vacante il seggio attribuito con calcolo proporzionale nelle circoscrizioni, l’ufficio centrale circoscrizionale proclama eletto il candidato del medesimo gruppo con la più alta cifra individuale. “.

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