In sintesi: il decreto legge non può essere uno strumento antiostruzionistico. Per rispetto della Costituzione.

«Saremo in grado di fare meno decreti se le opposizioni faranno meno atti di ostruzionismo», ha spiegato il Presidente del Consiglio, «se le opposizoni in tutti i passaggi della vita parlamentare scelgono la strada dell’ostruzionismo esercitano certamente un loro diritto. Ma lo strumento naturale diventa fatalmente il decreto legge».

Si tratta – spiace notarlo – di una posizione in contrasto con la Costituzione. Che all’articolo 77 prevede la possibilità per il governo di adottare, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge (decreti legge) soltanto in casi straordinari di necessità e urgenza.
Si tratta di condizioni sostanzialmente mai rispettate dai governi. Anche da quello in carica, che anzi è particolarmente disinvolto nel ricorso alla decretazione d’urgenza, come alla questione di fiducia.

Eppure mai questo abuso risulta fosse stato rivendicato come uno strumento anti-ostruzionistico. A questo fine ci sono, infatti, già molti strumenti resi ben noti soprattutto dalle ultime prove di forza dell’esecutivo sulle riforme: dal contingentamento dei tempi fino addirittura alla seduta fiume (mai usata prima sulle riforme costituzionali).

Ora pare che negli ultimi tempi non solo si abusi molto dei cosiddetti strumenti antiostruzionistici, a fronte, tra l’altro, di un atteggiamento dell’opposizione che non pare improntato ad un così duro ostruzionismo, ma se ne voglia – con estrema disinvoltura e aperta, anzi rivendicata, violazione della Costituzione – introdurre un altro: il decreto legge. Già così abusato e il cui abuso era già stato denunciato dalla Presidente della Camera qualche mese fa, quando aveva correttamente detto che questo finisce per condizionare troppo il lavoro parlamentare. Le critiche sono state rinnovate ieri. E si è posta subito la questione se la Presidente abbia competenza in materia. La riposta è evidente: non è coinvolta nel procedimento se non, nell’esercizio delle sue funzioni, in sede di approvazione della legge di conversione. Ma è ragionevole che intervenga, nell’esercizio di un diritto di critica, a difesa del lavoro dell’assemblea che presiede e che rischia di essere snaturato dall’eccesso di decreti legge. Anzi, è necessario che il Presidente di un’assemblea intervenga sempre a difesa del regolare – e sereno – andamento dei lavori parlamentari (che di certo è mancato proprio durante la approvazione del testo più importante e delicato: quello di riforma costituzionale).

Peraltro preoccuparsi dell’opportunità delle dichiarazioni della Presidente della Camera mentre il governo ne fa di ben più discutibili, perché chiaramente in contrasto con la Costituzione, cercando di alterare ulteriormente il potere legislativo, vuol davvero dire guardare il dito che indica la luna.

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