Tanti auguri per un anno progressivo, in tutti i sensi. C’è chi vuole tornare al 1848. Noi no.

Purtroppo nei successivi decenni abbiamo assistito alla continuazione di politiche fiscali con una progressività rovesciata. L’imposta sui consumi (proporzionale) è quasi raddoppiata (l’IVA è salita dal 6% al 22%), mentre le aliquote fiscali sui redditi sono diventate sempre meno progressive ( in 45 anni siamo passati dalla minima del 10% alla massima del 72% , alla odierna minima del 23% alla massima del 43% . Dai 62 punti di differenza tra l’aliquota più alta e quella più bassa agli attuali 20 punti in percentuale). Una vera regressività basata sulla violazione dell’articolo 3 della Costituzione per la differenza di trattamento tra categorie di contribuenti ( lavoratori dipendenti, pensionati con ritenuta Irpef alla fonte e lavoratori indipendenti con autotassazione Irpef di giugno) e l’articolo 53 nei 2 commi citati all’inizio di questo articolo.

Non stupisce, di conseguenza, che oggi si arrivi a proporre un’aliquota “piatta”, non più progressiva. Matteo Salvini dice chiaramente che si tratterebbe di una tassa “uguale per tutti, per ricchi e poveri”.

La tassazione proporzionale tratta tutti allo stesso modo, il povero e il ricco. Eppure il povero deve faticare per soddisfare le sue necessità vitali e per lui anche una quota minima di reddito da destinare al fisco pesa. Per il ricco non si pone nemmeno il problema delle necessità vitali e la sua capacità contributiva è enormemente superiore. Stabilire la capacità contributiva è fondamentale per non violare il principio di progressività stabilito nell’art 53 della Costituzione, ma per farlo bisognerebbe partire dalla conoscenza dei redditi effettivi.

Il problema fu ben presente già nell’Assemblea Costituente e se ne fece interprete ancora una volta Salvatore Scoca: “il cittadino, prima di essere chiamato a corrispondere una quota parte della sua ricchezza allo Stato, per la soddisfazione dei bisogni pubblici, deve soddisfare i suoi bisogni che la vita quotidiana richiede e di coloro ai quali, per obbligo morale e giuridico, deve provvedere. Da ciò discende la necessità della esclusione dei redditi minimi dalla imposizione ….”. Risulta evidente, quindi, la necessità di stabilire la capacità contributiva sottraendo tutte le spese necessarie ai bisogni della vita e solo dopo imporre il prelievo fiscale.

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