Domani in commissione Finanze. Ho chiesto a Salvatore Tesoriero di offrirmi un parere rispetto all’ultimo testo predisposto dal governo (e chissà se è davvero l’ultimo).

L’ultima versione dell’emendamento presentato dal governo sul reato di autoriciclaggio ripristina opportunamente la sanzione delle gravi condotte di sostituzione [che erano presenti nel nostro emendamento della scorsa primavera], trasferimento e reimpiego dei proventi illeciti, indipendentemente dalla pena edittale del reato presupposto, rinvigorendo così l’efficacia di una norma che era stata svuotata nella precedente formulazione.

L’emendamento introduce, tuttavia, due ipotesi autonome di autoriciclaggio: una “Maius” punita con pena da 2 a 8 anni per condotte di ostacolo all’individuazione dei proventi di un reato sanzionato con pena uguale o superiore a 5 anni, una “Minus” che prevede pene da 1 a 4 anni per le medesime condotte concernenti i proventi di reati presupposto sanzionati con la reclusione inferiore nel massimo a 5 anni.

La definizione del minimo edittale in prossimità di sanzioni bagatellari è un errore, perché l’efficacia delle norme penali in termini di capacità dissuasiva si misura guardando in particolare al minimo edittale. Una pena che parte da uno o due anni di detenzione per un fatto grave come l’autoriciclaggio rischia di svilire il senso del reato.

In particolare, le pene previste per l’ipotesi minore (simmetricamente la metà dell’autoriciclaggio “Maius”) appaiono radicalmente inefficaci, perché la cornice 1-4 anni è veramente una “minaccia” poco credibile: è una cornice di pena, infatti, che proietta il reato di autoriciclaggio “minore” nell’alveo dei delitti talmente poco gravi e allarmanti da poter essere definiti – proprio sulla base di un recente provvedimento del Governo – con la messa alla prova, con conseguente estinzione del reato. Poco più che un buffetto, insomma, inidoneo a scoraggiare pratiche di autoriciclaggio collegate a reati – anche gravi – in materia tributaria, ovvero a delitti quali la truffa e l’appropriazione indebita.

Se è vero, infatti, che la pena dell’autoriciclaggio “minus” va parametrata anche in relazione alla pena del reato presupposto (nell’ottica di evitare di punire molto più gravemente l’autoriciclaggio rispetto al reato presupposto), ma appunto un massimo portato a sei anni di reclusione appare un punto di equilibrio migliore, anche nell’ottica della parificazione degli strumenti investigativi attivabili per le due fattispecie di autoriciclaggio che sottendono comunque la medesima condotta delittuosa («sostituire, trasferire, impiegare in attività economiche o finanziarie… in modo da ostacolare l’identificazione»).

In un’ottica più ampia, l’impegno di tutti dovrebbe essere nel senso di intervenire a monte sulle sanzioni inadeguate, se non talvolta ridicole, di alcuni reati tributari, innalzandole in modo da rendere effettiva la tutela penale di condotte gravi come ad esempio l’omessa o infedele dichiarazione dei redditi. Intanto, però, in assenza di una riforma sistematica, meglio adeguare al disvalore del fatto almeno la norma sull’autoriciclaggio che da troppo tempo attende di venire alla luce.

In quest’ottica, appare fondamentale innalzare i minimi edittali di entrambe le fattispecie e il massimo edittale dell’autoriciclaggio “minore”, emendando così il testo:

comma 1: «si applica la pena della reclusione da due a otto anni» è sostituito da «si applica la pena della reclusione da quattro a otto anni».
comma 2: «si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni» è sostituito da «si applica la pena della reclusione da due a sei anni».

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