Dice la ministra per i rapporti con il Parlamento che Forza Italia non si defilerà dall’accordo sulla riforma elettorale e quella costituzionale, ma che comunque i numeri ci sarebbero lo stesso.

Ora, questa conclusione è molto opinabile quanto ai numeri (la maggioranza di governo potendo contare su una decina di voti in più di quelli strettamente necessari, certamente incerti in presenza di tanti malumori). Ma sotto il profilo politico lo è ancora di più: se non c’è più Berlusconi cadono tutte le ragioni per cui l’Italicum è stato fatto così e per le quali abbiamo scelto quel modello.

Questa legge elettorale non rispecchia infatti le indicazioni che per anni aveva dato il Pd (che voleva un maggioritario con doppio turno di collegio, che nulla ha a che vedere con il ballottaggio per l’assegnazione del premio). E neppure con le tre proposte presentate dal neo-segretario all’inizio dell’anno.

Renzi, infatti, dichiarava che per lui i punti fermi erano il ballottaggio e le soglie di sbarramento, senza precisazione circa le percentuali alle quali sarebbero dovuti scattare, mentre addirittura lamentava di non avere potuto introdurre le preferenze alle quali sarebbe stato favorevole. E questo per la contrarietà di Berlusconi che aveva voluto, invece, le liste bloccate.

Ma, in realtà, a Forza Italia sembrava da addossare anche la responsabilità di avere fissato così in basso (al 37%) la soglia per ottenere il premio di maggioranza al primo turno (che seguendo davvero la “legge dei sindaci” sarebbe dovuto scattare al 50%) e anche di avere mantenuto soglie di sbarramento per le liste (soprattutto per quelle non coalizzate) così alte, l’unica concessione fatta da Berlusconi sembrando essere quella del ballottaggio.

Sempre in omaggio all’accordo del Nazareno, nel corso del dibattito, quindi, sarebbero stati ritirati quasi tutti gli emendamenti del PD e respinti i pochi superstiti, e in particolare quelli sulla parità di genere, la stessa ministra Boschi essendosi dichiarata a favore a condizione che Forza Italia fosse d’accordo.

Per non parlare, naturalmente, degli emendamenti sul conflitto d’interessi (anch’essi respinti).

Se Forza Italia si defila, insomma, cade la ragione fondamentale che è stata portata all’attenzione del PD, quella di fare le riforme con le minoranze (a meno di non ricercare il consenso di altre che certamente porterebbero a conclusioni diverse), ma, al contempo, si potrebbe arrivare ad una legge elettorale molto migliore. Non mi pare cosa da poco, nel caso.

E se non ci fosse più Berlusconi, quindi, la legge dovrebbe cambiare completamente: 4 e 40%, rispettivamente, per le soglie di sbarramento (per tutti) e per la soglia del premio, conflitto d'interessi, preferenze o collegi più piccoli. Tutte cose che avevo proposto con i miei emendamenti, che erano stati ritirati proprio in ragione dell'accordo con Berlusconi via Verdini. Rimarrebbero le oscene candidature plurime, che sembrano invece corrispondere a una richiesta che proviene da Alfano.

Le stesse considerazioni, poi, potrebbero farsi per il Senato, perché non ho ancora capito, se Berlusconi non sarà più della partita (e le riforme costituzionali dovranno quindi necessariamente passare per il referendum, salvo l’accordo del M5s), quale modello si intenderà seguire. A meno che, considerato che su questo Berlusconi non ha mai molto chiarito la sua posizione, e dal suo partito si sono immediatamente levate pesanti critiche nei confronti del disegno di legge governativo (a partire da quelle del capogruppo al Senato Romani), quello proposto non sia proprio il modello di Senato più gradito al segretario del Pd mentre sembra esserlo assai meno a gran parte dei due Pdl (Fi e Ncd). Questo potrebbe essere un problema, come sto cercando di spiegare, invero con qualche fatica, da tre mesi a questa parte, fin dalla prima direzione in cui ne discutemmo.

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