Mi scrive Simona, tra un forcone e un panettone.

Nel Regno Unito, un’analisi sui dati di una indagine commissionata dal Guardian ha dato inizio ad una serie di commenti e dibattiti sull’atteggiamento dei cittadini nei confronti della politica e dei politici. I risultati rilevano che in questo momento i britannici non sono apatici nei confronti della politica, ma infuriati nei confronti di questa classe politica e delle promesse non mantenute (alla domanda riguardante il loro atteggiamento, il 47% risponde infuriato, e solo il 25% si dice annoiato). Inoltre i cittadini non si sentono affatto comprensivi verso i politici, anche nel caso in cui riescano a capire le difficoltà che questi possono attraversare nel loro lavoro.

Adam Lent, a capo di un gruppo di ricerca alla Royal Society for the encouragement of Arts, guidata da Matthew Taylor, che in passato è stato capo consigliere della strategia politica per il Primo Ministro Tony Blair, ha offerto un valido contributo sulle possibili ragioni della rabbia dei cittadini britannici.

Prima di tutto, i dati non rilevano niente di nuovo, in particolare nel caso britannico, dove, Adam Lent commenta, i dati non sono molto dissimili da quanto rilevato almeno sette anni prima. Da un lato, sottolinea, se qualcuno decide di fare il deputato si armi di pazienza che verrà sempre disprezzato dal cittadino medio. Dall'altro la democrazia rappresentativa, come la conosciamo, necessita di nuovi stimoli per rinnovarsi, anche se i suggerimenti che arrivano fino ad adesso paiono piuttosto superficiali e limitati.

Questo dibattito segue l’intervista di Jeremy Paxman, nel programma Newsnight, a Russell Brand, conduttore radiofonico e televisivo, in Novembre. Nelle parole di Russell Brand, votare significa potere o cambiamento, e confessa di non aver mai votato, perché considera il proprio voto irrilevante, augurandosi una nuova cooperazione che abbracci uomini e donne capaci di combattere questo sistema.

Le risposte non hanno tardato ad arrivare, in particolare dopo i risultati dell’ultima indagine. Polly Toynbee, editorialista del Guardian, si rivolge soprattutto ai cittadini stessi e li invita a condividere, con politici e partiti, le responsabilità di questa profonda sfiducia. Non coerenti con le loro aspettative e preferenze, gli elettori amano i deputati schietti, scrive Polly, ma preferiscono l’unità del partito. Amano l’onestà, ma preferiscono chi giudicano più capace e migliore in tempo di crisi. E, aggiunge, nessuno chiede loro di informarsi meglio sulle cose che sono per loro davvero importanti, lamentarsi non porta lontano senza una partecipazione attiva (e informata).

In Italia gli ultimi dati, presentati da Ilvo Diamanti, non sono molto dissimili, ma è fondamentale notare che gli italiani sono disposti a partecipare ed impegnarsi per il Paese. È qui che il metodo e la mobilitazione a più livelli potrebbe fare la differenza.

Simona Guerra, University of Leicester

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