E così il Congresso è stato rinviato di qualche mese per dare tempo al governo di trovare gli equilibri necessari a proseguire il proprio lavoro.

Poi ci si è accorti che rinviandolo bisognava fare tutto di corsa. E che le regole, di cui si discuteva da mesi, non c'erano nemmeno i numeri per cambiarle. E allora si sono accorciati i tempi, perché eravamo già in ritardo. E ciò ha comportato più pasticci del solito.

E ci ha portati a sel solito andamento circolare delle nostre decisioni.

Il Congresso è stato spesso presentato come un problema per la stabilità dell'esecutivo. Qualcuno non ha mai fatto mistero di volerlo rinviare. Per non far vincere questo o quello, per non dare troppo spazio alle contestazioni per quello che è successo negli ultimi mesi, per rinsaldare i rapporti all'interno del Palazzo e non far prendere freddo alle larghe intese, che sono già cagionevoli di loro.

Il piano è andato così così, finora, ma il pasticcio delle tessere e la sanatoria generale che ha chiuso le vicende più chiacchierate ha contribuito a togliere ancora un po' di credibilità al Pd. E così ora tutti dicono: verranno in pochi a votare. Non è una preoccupazione, per molti è una speranza: se pochi vanno a votare, meno pensieri ci sono per questo governo. E non cambiano gli equilibri, che a noi i cambiamenti piacciono poco o nulla, fanno capire gli strateghi. E alla competizione preferiamo l'accordo, come disse una volta il premier attualmente in carica.

Non c'è un manifesto del Pd per le strade, non c'è stata alcuna campagna di tesseramento nei primi otto mesi dell'anno, non c'è stata una pubblicità vera di queste primarie. Hanno già stabilito chi le vince e anche chi le perde. E secondo me sbaglieranno in entrambi i casi, ma tant'è. Conviene così. Più o meno a tutti.

Resta da capire se così convenga al Paese e alle ragioni della nostra parte. Perché noi, anche se facciamo di tutto per non sembrarlo, siamo una parte, un partito, che si deve rivolgere a tutti, rappresentando però qualcuno. A cui dire che cosa intendiamo fare.

Il mio appello è a non farci fregare: la sfida è molto più aperta di come la raccontano, le questioni politiche in campo sono epocali anche se tutti fanno finta di niente, c'è da sistemare un intero campo politico. Perché è bellissimo che si stia riorganizzando la destra, ma noi siamo quegli altri. E per organizzarci dobbiamo essere in tanti. E puntare sull'8 dicembre per cambiare.

Gruppo dirigente, metodi, proposte in modo radicale, senza imbarcare nessuno e senza agire con le solite movenze correntizie. Rivolgendosi a chi ci ha votato l'anno scorso e a chi non ci ha votato a febbraio, che sono milioni. A chi ancora ci crede, che non sia necessario che finisca tutto così, come lo vogliono far finire.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti