Ieri ero in auto, con Marco e Gennaro, rientrando a Napoli da Pomigliano e Acerra e siamo passati da Nola (sì, abbiamo fatto un giro largo, ogni tanto in Italia è bello anche sbagliare strada, che vedi cose che altrimenti ti perderesti).

In quella, come si suol dire, mi ha chiamato Giulio Giorello, con il quale stiamo scrivendo una cosa che ha a che fare con Giordano Bruno, che a Nola è nato, e mi ha scherzosamente consigliato di portare un estintore sempre con me, per evitare il trattamento riservato agli eretici.

Roghi metaforici e però anche realissimi: perché quella porzione di Campania è la terra dei fuochi, delle discariche abusive, delle balle e delle ecoballe che non si sa ancora che cosa farne (se non bruciare pure quelle). Di anni bruciati anch’essi, con soluzioni sbagliate, promesse non mantenute e un degrado crescente, insopportabile. Di fuochi di paglia, quando si è trattato di commissariare a ripetizione, perdendo altro tempo. Di una politica che si infuoca, appunto, nelle campagne elettorali e si spegne subito dopo, quando ci sarebbe da sostenere gli amministratori locali che cercano di fronteggiare fenomeni criminali e disastri ambientali che non hanno paragoni nel resto del Paese.

Ed è per questo che Vincenzo Cenname e Peppe Pagano, i ragazzi di Acerra, le loro denunce e il loro impegno, la loro creatività per cercare soluzioni diverse, perché non si faccia come si è sempre fatto, per me devono entrare a far parte del gruppo dirigente del Pd, che rimetta i piedi per terra, soprattutto quando la terra è violata e il suolo consumato dall’illegalità. È così che si cambia, altro che storie.

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