Siccome sono mesi che mi prendo del dissidente perché cerco di non votare il contrario esatto di quello che dicevamo in campagna elettorale (e che, nel caso dell’Imu, abbiamo ripetuto fino a un momento prima di fare ciò che abbiamo sempre escluso), mi sono accorto che c’è un’altra categoria di dissidenti che sta emergendo con prepotenza nel dibattito pubblico italiano.

I dissidenti con se stessi sono felici di smentirsi, tessono elogi all’incoerenza, minacciano crisi facendo l’occhiolino, si schierano per una soluzione il lunedì e la smentiscono il martedì, dicono subito ma intendono mai, qui lo dicono e qui lo negano.

Se qualcuno non è d’accordo con loro, si ribellano: sono traditori, quelli che non si allineano, anche se non si capisce bene quale sia la linea.

Ed è curioso che lo dicano sia nel Pdl, in queste ore, che nel M5s, ormai da mesi, che nel Pd, dove è tutto uno scambiarsi di posto con i traditori di qualche tempo fa.

Quando dico che ci vuole una rottura dello schema (anche nel senso di quel titolo degli Stato sociale, per capirci), è perché non si capisce più un accidenti. E non è una battuta.

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