Al M5S, a leggere le ultime dichiarazioni, non dispiacciono figure come quelle di Prodi o di Rodotà (che, per altro, non dispiacciono nemmeno agli italiani, perché – insieme a Emma Bonino – sembrano essere in assoluto i preferiti).

Ora, non so che idea vi siete fatti, ma forse – nel momento della crisi più profonda della politica in Italia – dovremmo considerare queste ipotesi, prima di lanciarci in curioso evoluzioni sul tema. Ieri siamo arrivati al centomilionesimo candidato al Colle: scendeva Amato e saliva Severino. Stazionario Marini.

Il fatto che Berlusconi candidi tutti gli esponenti del Pd tranne Prodi (vorrebbe che Napolitano proseguisse, non vede male D’Alema, oggi lancia Bersani), dovrebbe poi farci riflettere. Almeno un po’. Soprattutto perché il Colle è – in modo plateale – merce di scambio per formare un governicchio e andare a votare quando Berlusconi lo riterrà più opportuno (come è sempre accaduto: non un secolo fa, lo scorso dicembre). E noi abbiamo detto che il Colle non si scambia, giusto?

E lo stesso vale per il famoso rapporto con il M5S, rispetto al quale non dovremmo millantare, ma dovremmo prendere l’iniziativa politica. Quali sono i loro nomi, come usciranno dalle consultazioni online che lanciano oggi, come intendono affrontare le votazioni della prossima settimana?

E cosa ne pensa Monti (oltre ovviamente a preferire se stesso, perché lui è fatto così)? E la Lega, è d’accordo con il pasticcio più alto oppure ha proposte sue?

Perché a volte le soluzioni ci sono, ma forse qualcuno preferisce non vederle. Come la lettera (rubata) di Poe, sono lì, che ci guardano. Non viste.

P.S.: l’altro giorno, Bersani ha detto che la questione del Colle non si affronta «per mandare segnali». Perché è troppo seria. E ha ragione. Ma i segnali si mandano, inevitabilmente. E forse è meglio mandarne di buoni. E non di pessimi, eh.

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