Ne ho parlato spesso, della questione delle alleanze, anche quando non ne parlava nessuno, se non per dire che ci si doveva alleare anche con il diavolo (benché, spesso, si presentasse con le sembianze dell’acqua santa, per capirci).

Giusto ieri sera, in un passaggio del racconto della serata, riprendevo questa considerazione, che molti commentatori hanno trovato priva di fondamento.

Un’altra cosa, a proposito dell’alleanza con l’Udc, che è un esempio perfetto di quello che ho cercato di scrivere qui sotto (e di cui ho parlato anche recentemente). In un commento, un e-lettore che ha votato Bersani scrive: «Mi spiace solo per l’alleanza con l’Udc, che fa schifo anche alla stragrande maggioranza degli elettori di Bersani». Ecco, forse questo è un tema sul quale riflettere ancora. Non a caso lo avevamo posto tra i quesiti referendari. Perché è molto rilevante ed è molto rilevante perché è molto trasversale.

Oggi leggo su Repubblica, in un bell’articolo di Francesco Bei, che l’ipotesi da tanti caldeggiata per anni si sta facendo largo tra le schiere del Pd. Titolo: «Con noi i moderati anche senza Casini». Sottotitolo: «Nel Pd la tentazione di una coalizione con una lista modello Tabacci».

Ecco, non so se sia vero, ma è il caso di continuare ad insistere sull’argomento. Troppo sottovalutato in passato, confuso nella stagione del governo tecnico, e balzato agli onori delle cronache soltanto nelle ultime ore, come tema di confronto delle primarie.

E se è vero che bisogna leggere complessivamente il voto – le primarie sono elezioni speciali, perché si confrontano sensibilità che si riconoscono nello stesso schieramento – chiederei a tutti, al di là della loro collocazione fino a ieri sera, di rifletterci molto seriamente.

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