Stefano Boeri, ieri sera, su Facebook:

Sto guardando con attenzione le regole per la candidatura come rappresentante del PD alle primarie. Beh… purtroppo, le regole confermano che in questo partito non c’è spazio per chi vive fuori dalla bolla del partito: 100 adesioni di membri del l’assemblea nazionale o 18.000 firme di iscritti PD (ma senza disporre dell’elenco degli iscritti) da raccogliere entrò martedì prossimo sono un messaggio chiaro: il PD non è degli elettori (come scritto nel suo statuto fondativo) ma degli iscritti e dei dirigenti.
Questo è un errore, condiviso da Bersani e Renzi, che toglie ossigeno alla rigenerazione del PD e di tutto il centro-sinistra.

Non ha tutti i torti, Stefano. Se per il Congresso del 2009, le firme da raccogliere tra gli iscritti – per la stessa cosa di cui stiamo parlando ora, perché il segretario era anche candidato premier, ai sensi dello Statuto – erano 25.000 in un mese. Oggi sono 18.000 in una settimana: velocizzate, tipo Benny Hill. Nessuno, a quanto pare, le raccoglierà, e tutti cercheranno le firme tra i delegati dell’assemblea, in un gioco politico tutto interno.

L’ovvia riflessione è che ci abbiamo messo più di tre mesi a scrivere le regole, e concediamo una settimana ai concorrenti per raccogliere le adesioni alla propria candidatura. Avremmo potuto fare il contrario, sarebbe stato più serio e coerente con l’idea di primarie aperte di cui stiamo parlando da tempo.

Fare le cose bene, essere coerenti con quanto diciamo, rispettare le intelligenze e le sensibilità di tutti dovrebbe essere il primo impegno assunto da ciascuno di noi, a prescindere dal merito politico e da questa o quella candidatura.

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