Luigi Lusi, che avrebbe distratto 13 milioni di euro dai conti della Margherita, si dice pronto a restituirli e a patteggiare la pena. Bersani, che attende chiarimenti, dice che se tutto fosse confermato (e pare lo sia già) il Pd sospenderebbe Lusi. A mio modesto avviso, dovrebbe anche invitarlo caldamente a dimettersi da parlamentare (il senatore, per tanti anni braccio destro di Rutelli, infatti, è rimasto nel gruppo del Pd). Fatto conseguente, in ogni caso, all’ammissione di colpevolezza da parte di Lusi.

Il punto, però, come sempre, è politico: e forse è il caso di discutere, a partire da questa brutta vicenda, del regime dei rimborsi elettorali. Quelli di cui stiamo parlando, infatti, risalgono alla legislatura precedente (iniziata nel 2006) e, in base a una legge discutibile (a dir poco), sono stati percepiti da forze politiche (alcune già ‘estinte’) per cinque anni, nonostante la legislatura si fosse interrotta nel 2008.

Come chiedono Elio Veltri e Francesco Paola ne I soldi dei partiti. Tutta la verità sul finanziamento alla politica in Italia (Marsilio, 2012), è venuto il momento di introdurre un organismo di controllo sui rimborsi elettorali che sia effettivamente al di sopra di ogni sospetto (la Corte dei Conti andrebbe benissimo) e che verifichi che le somme servano, appunto, per rimborsare i partiti e non per essere utilizzate per investimenti più o meno legittimi. E siano commisurate alle spese elettorali realmente sostenute e ad esse vincolate.

Se la politica vuole ritrovare la credibilità perduta, forse è il caso che si muova, che ne dite?

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