Il «super rospo» per la Lega, come scrive oggi Michele Brambilla sulla Stampa, si chiama Francesco Saverio e, soprattutto, Romano. E dopo il Cosentino e il Milanese (curiosa la toponomastica delle autorizzazioni a procedere) è proprio il cognome meno padano che ci sia a ricordare che la Lega è si trova di fronte al dado da trarre. No, non è il Rubicone, al massimo è il Lambro, che divide Varese da Arcore:

Meridionale, democristiano, casiniano, trasformista premiato con un ministero, indagato per mafia: sembra il ritratto perfetto di quell’esemplare di politico che la Lega Nord ha sempre giurato di volere spazzare via. Ricordate gli slogan dei primi tempi? Quel «lumbard tas» (lombardo, taci) con cui i primi leghisti denunciavano lo strapotere dei professori meridionali nelle scuole? E il «via da Roma» scopiazzato a Martin Lutero? E il «Roma ladrona», e il cappio per gli inquisiti, e così via? Lungi da noi far pensare che Francesco Saverio Romano non sia una degna persona. Tutto ciò che c’è nel suo curriculum non è motivo di condanna. Nemmeno l’essere indagato per mafia, visto che ciascuno è innocente fino a sentenza definitiva. Stiamo solo dicendo che a un leghista un simile personaggio provoca l’indigestione. Tanto più se si pensa che il ministero occupato da Romano era, all’inizio della legislatura, proprio di un leghista: Luca Zaia.

Il voto su Romano, che si attende  è un voto sulla storia di questi anni. E sulla Padania che è diventata, da terra promessa qual era agli inizi degli anni Novanta, il refugium peccatorum della stagione berlusconiana. E mercoledì sarà l'ennesimo episodio dell'infinita telenovela degli Scilipota. Che non è il 'congiuntivo' dell'inenarrabile leader dei Responsabili, ma la sua declinazione lombarda.

Eppure, dopo aver digerito i salvataggi di Caliendo, di Cosentino e di Milanese, i militanti della Lega dovranno a quanto pare mandare giù anche questa. Mercoledì prossimo, 28 settembre, alla Camera si voterà infatti una mozione di sfiducia che Pd, Fli e Idv hanno presentato nei confronti di Romano in seguito al rinvio a giudizio chiesto dalla Procura di Palermo. E ieri Marco Reguzzoni, il capogruppo, ha già detto che la Lega voterà «no» alla sfiducia.

Forse, questa votazione, per i leghisti sarà vissuta anche peggio dell'indimenticabile passaggio parlamentare dedicato alla nipote di Mubarak e al rischio che fossero compromessi i rapporti con l'Egitto. E con l'Ufficio stranieri, s'intende.

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