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Avevo descritto il mio scetticismo qui. Ora leggo che Walter Veltroni non c'è più, tra i promotori e a sostegno del referendum, mentre scende in campo Romano Prodi.

I dubbi rimangono, soprattutto per aver presentato un referendum in piena estate, una leggerezza che trasforma la raccolta di 500.000 firme una vera e propria mission impossible. E poi perché è un referendum con il senso di colpa, perché nemmeno la maggioranza di centrosinistra ebbe la prontezza di formulare una proposta del genere quando ci capitò di tornare al governo.

Permangono, inoltre, le perplessità di Bersani e del Pd, che si è espresso per il modello ungherese, che però – sia detto alla luce della discussione che si ebbe allora – non contrasta con la raccolta di firme per il ritorno al sistema elettorale precedente, perché, quello votato in direzione nazionale, è una sorta di turbo Mattarellum con una quota proporzionale irrobustita. Sotto il profilo politico, con il ritiro dei due tradizionali duellanti del centrosinistra e dei due approcci referendari contrapposti, questo non è un referendum ostile alla maggioranza del Pd e può anche dare voce alle esigenze che si sono manifestate all'interno del partito.

Ci sono molti motivi, d'altra parte, per cedere alla tentazione referendaria e provarci, perché così non si può più andare avanti, come direbbero al bar. Perché il Porcellum è la quintessenza dei vizi politici italici e una specialità velenosa della nostra cucina democratica (sempre che democratica lo sia ancora, la cucina).

La mia personalissima presa di posizione è la seguente: si provi a raggiungere l'obiettivo, cogliendo l'occasione però di associare alla raccolta di firme per il referendum anche la richiesta di aderire alla campagna che Prossima Italia, in totale solitudine, sta promuovendo da mesi, per le primarie per i parlamentari.

Un colpo doppio al Porcellum, insomma. Primarie in ogni caso e pressione forsennata perché sia rivista la peggiore legge elettorale di tutti i tempi: una soluzione micidiale e irresistibile. Coraggiosa, anche, perché riapre le porte e le finestre di un Palazzo in cui l'aria è (appunto) parecchio viziata.

Ecco la prima campagna di autunno, per chiudere con l'inverno del nostro scontento nei confronti della democrazia italiana. E per ridare fiato alla mobilitazione del centrosinistra, come nella scorsa primavera, dopo un'estate così complicata.

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