img alt=”garibaldiamoziapp” src=”http://files.splinder.com/af3a7c470c8e3d079edf906fb3380e4a_medium.jpg” style=”border-top-width: 1px; border-right-width: 1px; border-bottom-width: 1px; border-left-width: 1px; border-top-style: solid; border-right-style: solid; border-bottom-style: solid; border-left-style: solid; ” />
Che poi capisci perché Ulisse non voleva più tornare a casa. Cioè, dieci anni per conquistare Troia, e lui aveva anche giocato parecchio bene e segnato il gol della vittoria. Però, poi si ritrova nel Mediterraneo, e ogni angolo gli appare meraviglioso. Financo Circe con il porcellum, per dire.
La verità è che è ancora più difficile passare da Cariddi a Scilla che passarci in mezzo. E il Ponte non risolverebbe nemmeno questo tipo di problemi. E che Palermo uno non la lascerebbe mai. E che il mare a Tropea, poi come fai? E gli echi risorgimentali, perché quelli non finiscono mai. Con Garibaldi che si riposa a Mozia e in un milione di altri posti. Quasi mai da solo, tra l'altro. O il castello di Murat – risorgimentale ante litteram, anzi, avant la lettre – a Pizzo Calabro. La C3 che ora è stata ribattezzata Marsala, come il cavallo bianco che portò Giuseppe fino a Salemi (a proposito, anche Salemi, con quella chiesa-piazza), resiste al rientro.
Quindici giorni per andare: peccato non averne altrettanti per tornare a casa. E perdersi sul lungomare. Tra una granita e il cielo: nostalgia delle coste (costalgia?). E ti rendi conto che tutto questo è anche un po' Turné, anche se i giovanissimi quel film non lo hanno visto. Passano gli anni. Passano.

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