«Visto il fallimento del centrodestra il Pd è pronto a vincere le elezioni anticipate per dare al Paese un nuovo governo», non ha detto Bersani.
Così Jena, ieri, sulla Stampa. Qualche mese fa eravamo pronti ad andare a votare anche domani, ma sembra che i nostri abbiano cambiato idea. E, insieme all’Udc, sono gli unici a volere le larghe intese, per ora, perché B, ovviamente, vuole tornare a votare e Di Pietro dice che lui è pronto.
Il Pd sostiene il governo tecnico, di transizione, d’unità nazionale. Larghe intese, oltretutto, da estendere immediatamente alla Lega (sempre che la Lega ci stia e parrebbe di no) è il nuovo punto di arrivo. Per fare il federalismo, si dice, «con una nostra piattaforma» (la piattaforma!).

Nel frattempo, mi chiedo sinceramente se il nome del Partito Democratico (strutturato e finalmente organizzato come il Pci di una volta, certo) abbia ancora un senso: pare che si sia discusso nel «caminetto» quello che si dovrà fare nelle prossime settimane. Alla luce delle ultime vittorie consecutive ottenute dal partito, vorremmo sapere chi dà la linea, perché quelli che hanno meno incarichi pare che contino più di quelli che ce li hanno, gli incarichi. Ah, e la direzione nazionale? Non c’è più? No, così, per regolarmi con gli impegni.
P.S.: qualcuno, per la verità, si era lamentato dei caminetti, qualche settimana fa. Già. Poi ci è andato, come se niente fosse.

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