er uscire dall'intelligentissimo dibattito Padania-Italia (che finisce zero a zero, per definizione), leggete qui. E vi prego, per una volta, non soffermatevi sull'inno. Grazie.
Era stato facile ragionare così finché faceva le giovanili, nel Gelsenkirchen e poi nello Schalke 04, ma quando il successo lo ha travolto si è ritrovato in mezzo ad una disputa internazionale. Doveva scegliere per quale nazionale giocare, e Ankara lo reclamava. «Faremo qualunque cosa – giurava l’allenatore-imperatore Fatih Terim – per averlo con noi». La federazione turca gli aveva mandato in ambasciata anche i gemelli Altintop, cresciuti a Gelsenkirchen come lui ma finiti nella squadra di Ankara: «Ascolta il tuo cuore», gli avevano detto.
Mesut ha ascoltato, e nel 2007 ha optato per la cittadinanza e la nazionale tedesca. Una cosa che non avrebbe potuto fare fino al 2000, perché in Germania regnava un rigoroso ius sanguinis, che consentiva di prendere il passaporto solo ai figli di tedeschi. Ma il cancelliere Schröder aveva deciso di introdurre lo ius soli, anche per uniformarsi agli ordinamenti europei, e senza saperlo aveva rivoluzionato pure la nazionale di calcio. In Turchia era scoppiata una mezza sommossa, con i parlamentari nazionalisti che accusavano Ozil di tradimento, mentre i politici liberal in Germania lo difendevano. Lui, stretto nel mezzo, era stato convocato subito dall’Under 21, che l’estate scorsa ha trascinato al titolo europeo. Quattro a zero, con due goal di Mesut, proprio contro l’Inghilterra che si ritroverà davanti domenica.

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