Roberto ci parla della famosa reciprocità, spesso richiamata nella Regione straniera. Un’altra pagina del prontuario di risposta veloce a cui sta lavorando Andrea. Anche in questo caso, vale la pena di ripubblicare un post di qualche tempo fa (un ripropost):
Risponderò con Umberto Eco, A passo di gambero, 2006, p. 224: «Obiezione possibile: noi lo faremo a Firenze, ma poi lo faranno anche a Kabul? Bene, questa obiezione è quanto di più lontano possa esserci dai valori della cività occidentale. Noi siamo una civiltà pluralistica perché consentiamo che a casa nostra vengano erette delle moschee, e non possiamo rinunciarvi solo perché a Kabul mettono in prigione i propagandisti cristiani. Se lo facessimo diventeremmo talebani anche noi. Il parametro della tolleranza della diversità è certamente uno dei più forti e dei meno discutibili, e noi giudichiamo matura la nostra cultura perché sa tollerare la diversità, e barbari quegli stessi appartenenti alla nostra cultura che non la tollerano. Punto e basta. Altrimenti sarebbe come se decidessimo che, se in una certa area del globo ci sono ancora dei cannibali, noi andiamo a mangiarli così imparano».
Mi permetto di segnalare che chi evoca la reciprocità spesso banalizza il concetto di tolleranza, come elemento debolista e inutilmente democratico, senza ricordare che la stessa reciprocità si basa su di un argomento adottato da John Locke in
Saggio sulla Tolleranza, p. 111, Utet 2005, com’è noto dedicato esplicitamente ai fedeli della Chiesa di Roma: «I papisti non devono godere i benefici della tolleranza perché, dove essi hanno il potere, si ritengono in obbligo di rifiutarla agli altri. È infatti irragionevole che abbia piena libertà di religione chi non riconosce come proprio principio che nessuno debba perseguitare o danneggiare un altro per il fatto che questi dissente da lui in fatto di religione».

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