Mi scrive Mario: «Qualcuno ha il coraggio di dire che le regole di questo congresso sono semplicemente suicide e che il PD che uscirà da ottobre sarà a prescindere un PD più debole?». Rincara la dose Sergio Chiamparino su l’Unità di oggi, chiedendo addirittura il rinvio della stagione congressuale, per spiegare che al Pd serve altro: «Il problema è di contenuti, di sentire comune con i territori, non di sigle o contenitori. Se ci attardiamo su questa strada rischiamo di complicare ancora di più la situazione». Chiamparino aggiunge che non si sente «schierato». Sono d’accordo con lui, proprio perché «posso anche votare per simpatie personali o per appartenenze antiche. Non per opzioni politiche e strategiche per il futuro di questo partito, che al momento non vedo». Chiamparino sarà al Lingotto, e forse lì avrà la possibilità di intravedere qualcosa (o di farcela intravedere). Chissà. Nel frattempo, quello che dice è saggio e ci richiama al problema fondamentale. Un nuovo rapporto con la società (a cominciare dai nostri poveri elettori), una nuova immagine della politica e un nuovo discorso al Paese. Questo serve sì. Speriamo che tutti – ma proprio tutti – se ne rendano conto.

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