Spazio ombelicale. Aut. Min. rich. Oggi sono tornato in ufficio, dopo qualche giorno di assenza e molti chilometri di stanchezza. Come avevo previsto e scritto più volte, la bolla mediatica è scoppiata, e finalmente posso tornare nell’ombra (à la Gadda), alla mia vita di sempre. E’ durata un mese (e non mi stupisce affatto) tutta l’enfasi sulla mia figura, dal famoso «chi cazzo è?» alle interviste tanto apprezzate, alle candidature non richieste, al gossip creato artatamente sulla mia persona (pensate che, negli ambienti giornalistici romani, passo per uno pieno di donne, boh). Tra Forrest Gump e Sebastiano I (chi non lo conosce, s’informi, perché la chiave sta tutta lì, nell’attesa del giovane re che in realtà era deceduto, il giorno del mio compleanno, oltretutto), mi sono parecchio divertito a interpretare la parte della giovane promessa sanremese, anche se devo dire che ho registrato tante invidie e tante meschinità (a quelle, però, ero abituato da tempo). Chi pensava che ci fosse un disegno, dietro questa mia attività quotidiana e controcorrente (in ogni senso), è servito. Come avevo dichiarato giorni fa, in Africa sono già stato, e non ho altra ambizione che fare le cose bene, per una forma di snobismo intellettuale che si ripaga solo con le soddisfazioni, quelle vere, però. Nei prossimi giorni continuerò a fare quello che sto e stiamo facendo da tempo, a far proposte e a distribuire palloni, con l’entusiasmo di sempre, con l’ausilio del Gorilla e con lo staff immaginario a presidiare il centrocampo. Mi posizionerò un po’ più indietro, però, perché così gioco meglio anch’io. La fassiniana della porta accanto è d’accordo.

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