Vittorio Foa e i burogiovani

L’unico vantaggio di diventare grandi, o adulti, o vecchi, è che siamo finalmente sottratti allo straziante spettacolo delle primarie dei giovani. Sa tutto di burocratico, di incomprensibile, di iniziatico. Qualcosa (cosa?) per pochi eletti, che si accapigliano, si scontrano, si rincorrono. C’è aria di scazzo micidiale, di nomine contese, di discussioni infinite. Ragazzi che a vent’anni sono già ex o post, giovani dirigenti che si impancano a depositari di tradizioni sempiterne, documenti scritti in un linguaggio marziano (e marziale, visto che se le danno di santa ragione). I burogiovani, bisogna ammetterlo, sono rigorosi: nessun messaggio all’esterno, altrimenti qualcuno potrebbe interessarsi al Pd. E diventare un pericoloso concorrente. La piccola casta è pronta. Ci vorrebbe il giovane che non c’è, che rimetta le cose al loro posto. Vorrei tanto Vittorio Foa segretario dei giovani democratici. Lui sì che è giovane davvero. Si può fare?

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