La questione mentale

Mentre a Cortona si parlava di futuro, a Monza si praticava il presente. Sapete com’è, è un lavoro duro, ma qualcuno lo deve pur fare. Nella Festa democratica più bella (perché è la nostra, perché è la più bella) sono arrivati Meo e Zoro. I migliori sulla piazza telematica, e non solo. Marta ha parlato della necessità di costruire un bad party in cui mettere tutte le tossine accumulate negli ultimi mesi, e della necessità di smascherare i «maiali con il rossetto», ovvero tutti quelli che sono democratici, ma non-lo-sono-per-davvero. A me, mentre parlava, sono venuti in mente Erasmo e i sileni rovesciati (ne avevo già parlato qui): i dirigenti del Pd dell’epoca, che parlavano in tono ampolloso senza che le loro azioni corrispondessero alla loro retorica. Anzi, parole e cose si tenevano a debita distanza, senza incontrarsi mai. Lo stesso tema è stato ripreso magistralmente da Diego, che ha ricordato il carattere esemplare del nuovo partito (cfr. qui): un partito non può affermare principi senza declinarli in proposta politica. Il Pd – sembra una banalità, ma non lo è – non può dire una cosa e, poi, però, farne un’altra, «perché non conviene (a chi?)», «non è (mai?) il momento», «non è (proprio?) il caso». Un partito che deve avere coraggio, come hanno puntualmente ricordato i militanti della Festa democratica di Firenze ai dirigenti nazionali che si succedevano sul palco. «Deppiù», dice Zoro. Più determinazione, più coerenza, più efficacia. Oltre che una questione morale, e politica, è una «questione mentale». E credo che vada aggredita al più presto.

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