Spazio ombelicale. Aut. Min. rich. Che tipo stamattina leggevo Benjamin e soprattutto Adorno e Szondi che accompagnano l’edizione Einaudi di Infanzia berlinese con due saggi strepitosi. E pensavo, leggendo Benjamin e Adorno e Szondi, che forse mi devo fermare. Nel senso che questo viaggio, alla ricerca del tempo perduto e del me stesso che non ha fatto nient’altro che perdersi nel tempo, è una vertiginosa ricerca del futuro. Già lo sapevo di mio, ma poi quando lo leggi in Benjamin (un amico direbbe: solo?), un po’ di impressione la fa. Scrive Szondi: «Proust cerca il passato per sfuggire al tempo, e ciò significa soprattutto: al futuro, ai suoi pericoli, alle sue minacce, la cui minaccia estrema è la morte. Benjamin, al contrario, nel passato cerca il proprio futuro. I luoghi a cui lo riconduce il suo rammemorare hanno quasi tutti i “tratti dell’avvenire”». E, aggiungerei io, cerca la vita, Benjamin, attraverso le sue miniature e le sue tracce. Ora, mi ritrovo qui, a distanza di quindici anni dal primo passaggio berlinese – era il 1993, il muro caduto da poco, un secolo fa – con in testa la filastrocca di Handke e una scena che vi propongo tra qualche riga, e mi chiedo se non sia troppo. Troppo leggere un libro di Vargas Llosa che inizia così: «Quella fu un’estate favolosa». Troppo andare incontro alle suggestioni, agli incontri, alle emozioni di questo agosto (con quell’otto del duemilaotto che sa di infinito). Troppo trovare il filo che si cercava da tanto tempo. Troppo tempo. La verità, che ora mi appare nitida, è che il tempo non è perduto. E lì. E’ solo importante rendersene conto. E pensare che serve, il tempo passato, a quello che sta per arrivare. «Bisogna mettere a prova la memoria per ricordare il futuro», come diceva un altro Vargas Llosa, in un’altra storia in cui è un continuo riferirsi a Sebastiano e al suo sfortunatissimo Marrakech Express, che si concluse il 4 agosto, ovvero il giorno del mio compleanno, in cui tutta questa storia è iniziata. E non ve la racconto perché con Sebastiano sarebbe veramente troppo. Per voi. E anche per me.

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