Oggi i vertici del Pd milanese hanno rimesso il proprio mandato nelle mani degli organismi dirigenti. Anche Pierfrancesco Majorino lo ha fatto, da capogruppo. Un gesto coraggioso che sarebbe sensazionale se queste dimissioni fossero tali e non dovessero rientrare, come pare invece molto probabile. Non voglio sembrare ingeneroso, ma tra le remissioni (un po' burocratiche) e le dimissioni (rivoluzionarie) c'è differenza. Soprattutto se queste remissioni, come è stato detto questa mattina, sono state chieste da Bersani, in quello che sarebbe un curioso cortocircuito tra Roma e Milano (poi smentito nel pomeriggio).

Nel frattempo, per non essere da meno, la Velina Rossa («foglio di simpatie dalemiane») chiede la rottamazione di Penati (addirittura), auspicando il ritorno a primarie di partito e non più di coalizione (uno dei cavalli di battaglia della mozione che ha vinto il Congresso). Il mondo si rovescia.

Molto inevitabile nervosismo caratterizza queste ore. I limiti dell'operazione Boeri, che pure ho sostenuto e non rinnego affatto la scelta, sono chiari a tutti e potrebbero essere valutati senza troppa acrimonia.

Rosy Bindi, presidente del partito, ne individua uno, che potrebbe essere descritto come la scelta di politicizzare la candidatura di un esponente indipendente e di 'etichettarlo' eccessivamente sotto l'egida del Pd.

Altri fanno riferimento al clima un po' militare che si è respirato nelle scorse settimane (e che qualcuno, come me, aveva anche sottolineato, prendendosi del traditore della patria) e alle polemiche eccessive che hanno attraversato la campagna delle primarie (in questo senso si è espresso anche il segretario provinciale del Pd, parlando di derby pro o contro il nostro partito).

Altri ancora segnalano – e l'ho rilevato anch'io, fuori dai seggi – che Pisapia è stato vissuto (a torto o a ragione) come elemento di maggiore discontinuità rispetto alla stagione amministrativa che speriamo si concluda con le prossime elezioni. Si tratta di Expo, soprattutto, ma non solo.

Detto questo, le primarie (di coalizione) sono il metodo che ci siamo dati per selezionare le candidature. E i risultati devono essere accettati, al di là delle responsabilità politiche, come un dato da cui partire per far vincere uno schieramento diverso da quello che amministra Milano fin dalla notte dei tempi. I nostri elettori hanno preferito indicare Pisapia, sulla base di un responso che è totalmente libero e assolutamente democratico, dopo una campagna che poteva essere più costruttiva, ma che è stata occasione di confronto e di dibattito tra tutte le parti in causa. Gli elettori del Pd, in particolare, si sono divisi tra tre candidati, e non mi pare che l'abbiano fatto solo per fare un torto a qualcuno, ma sulla base della scelta tra persone di grande valore e di alto profilo politico.

Come ho avuto modo di affermare già, procediamo a un’analisi fatta bene, al di là degli autodafé o delle pire pronte per l’autoimmolazione, che in questo momento servono a poco. Per scoprire, come stiamo facendo attraverso il lavoro di Termometro politico, che i giovani hanno preferito Boeri, ad esempio, e che il giudizio sull'Expo, come ho scritto sopra, ha avuto molto peso nella scelta dei candidati. E tante altre cose che possono tornarci utili in previsione delle Comunali.

P.S.: mi scrive Pierfrancesco tra i commenti e mi pare doveroso pubblicarlo qui, nel corpo del testo, perché sia più visibile.

Le "remissioni" non son chieste da Bersani. Vogliamo verificare ciascuno per il "suo" se abbia senso continuare a svolgere compiti di direzione. Potrei non farlo da capogruppo ma non mi considero un'altra cosa rispetto a chi ha diretto questa scommessa. Con molta semplicità e in poco tempo perché il dibattito interno al pd non può diventare una zavorra per Pisapia. Che invece va sostenuto senza se e senza ma. Pierfrancesco Majorino.

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