Sono da anni accusato – soprattutto a Milano, dove è amato da pochissimi – di essere veltroniano. Come scrivevo ieri, perciò, non posso che essere felice se Walter si candida a segretario del Pd. E non posso che essere ancor più felice se il suo nome e la sua candidatura li avanza Dario Franceschini, saltando con un semplice «Se c’è Walter, lo voto» lo steccato dei due partiti (e dei vari luogocomunismi che ci hanno avvelenato il dibattito in questi mesi: sommatoria, fusione fredda e altre ancor più sofisticate amenità dell’argot della politica di centrosinistra). L’elezione diretta del segretario è decisiva, in questo senso. Manca all’appello soltanto l’espressione della preferenza per i candidati dell’assemblea costituente (quello che ho chiamato il porcellinum, pensando a Calderoli), ma finalmente si parla di politica. E si coglie il senso di un partito nuovo. E del sogno di riforma – prima di tutto di noi stessi – che porta con sé.

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