Il titolo della toccante canzone di Neffa per Ozpetek (e anche il testo, a guardar bene) è perfetto per descrivere la settimana di passione appena trascorsa nelle aule parlamentari. Era il mercoledì delle ceneri quando Prodi cadde e dalle ceneri è riemerso giusto giusto una settimana dopo. Con la novità di Follini – il suo è un disegno volto a ribadire l’impossibilità di un bipolarismo perfetto, teniamone conto. Con l’incredibile suspence di Pallaro – ha tenuto tutti in sospeso fino all’ultimo, proprio come nella più tremenda delle notti elettorali, e, nonostante il nome facesse temere per il peggio, ha ribadito la propria fiducia al governo. Con il valzer luciferino di Andreotti – ancora decisivo per gli equilibri politici di questo Paese, in una specie di incubo destinato a non finire mai. Il Prodi un po’ reloaded e un po’ araba fenice sarà sotto osservazione ancora per un po’ e, come è capitato nelle ultime settimane, molto ‘esposto’. La festa deve essere misurata, quindi, in attesa che passi la quaresima e che, questa passione, per una volta, scivoli via. «Presto sogneremo, distesi al sole di mille primavere, senza il ricordo di questa prigione, di un tempo lontano ormai». Lo dice Neffa. Di noi e forse un po’ anche di Prodi.

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