Torno ancora al tema delle ninfe, già frequentato in un post precedente. Lo faccio per sollecitare la lettura de L’antro delle Ninfe di Porfirio, pubblicato da Adelphi. Un libro acquistato tempo fa che mi è tornato in mano proprio – coincidenza – mentre leggevo Agamben. Il testo è di per sé molto particolare: si tratta di un commento allegorico di un passo dell’Odissea XIII, in cui Omero descrive l’antro dove Ulisse ricovera il tesoro dei Feaci, subito dopo essere sbarcato ad Itaca e apprestandosi all’eliminazione dei Proci. L’antro sorge nei pressi di un ulivo, guarda un po’, in capo al porto. E’ un luogo sacro alle Ninfe dette Naiadi. Vi si trovano crateri e anfore di pietra, e le api vi ripongono il miele. E, particolare fondamentale, le Ninfe tessono manti purpurei, bellissimi a vedersi, e vi scorrono acque perenni. E due porte si aprono, una per gli uomini, verso nord, l’altra, verso sud, di esclusiva competenza degli dèi immortali. Porfirio interpreta e, dopo poche pagine, introduce l’argomento per lui più importante: l’antro è «simbolo non solo […] del cosmo, cioè del generato e del sensibile, ma l’oscurità degli antri» invita «a vedervi il simbolo anche di tutte le potenze invisibili, la cui essenza appunto non è percepibile allo sguardo». L’antro è simbolo del mondo sensibile, ma anche del mondo intellegibile e le Ninfe rappresenterebbero le anime che discendono dalla generazione, alla luce del loro particolare legame con l’acqua. Lo stesso Ulisse non sarebbe nient’altro che l’immagine di colui che attraversa tutti gli stadi della generazione. L’antro delle Ninfe e di Ulisse rappresenta il mondo. Le due uscite, le vie della conoscenza (le Ninfe essendo strettamente legate, lo abbiamo visto, all’immaginazione). L’oscurità prelude alla visione, proprio come le selve e gli antri degli Eroici furori di Bruno, nei quali Atteone si avventura, per giungere infine a Diana. E mi vengono in mente i famosi versi di Rilke (Sonetti a Orfeo): «Sii in questa notte della dismisura / Magica forza all’incrocio dei tuoi sensi, / senso del loro incontro strano. / E se terrestrità ti ha dimenticato, / dì alla terra immota: io scorro. / Alla rapida acqua parla: io sono». La terra immota e la rapida acqua sono tutte là, nelle selve bruniane, nell’antro delle Ninfe, lungo la via oscura del ritorno a casa, alle cose divine. Fin dalla notte dei tempi e della dismisura, fin dai giorni remoti in cui Omero raccontava di Ulisse i meravigliosi racconti.

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