Il nome dell’autrice è Irène e fin lì ci siamo. E’ il cognome che fareste fatica a ricordare e a sussurrare al libraio: Némirovsky. Più semplice allora puntare sul titolo: La moglie di don Giovanni (Adelphi). Una storia breve e tesissima, nella quale l’amore entra di soppiatto, «come un ladro» («neanche sappiamo il suo nome e già ci ha preso il cuore»). La lettura è sconvolgente: di don Giovanni si sa da sempre che è il caso di diffidare. Della moglie, invece, non lo avremmo mai immaginato. Di lei (Nicole) apprendiamo che, non bella, e più vecchia di lui, era molto infelice perché, pur non sapendo «accettare le cose come sono», «per orgoglio non cercava di cambiarle». Ma, a un certo punto, le cose cambiano, e un sussulto di quell’orgoglio (e di una tardiva riscoperta della propria femminilità), cambiano il quadro irreversibilmente (benché in un modo del tutto tragico e inutilmente). Gli occhi, un tempo “arcieri dell’amore”, diventano allora pistole (vere) e l’odio e il rancore conducono a un finale imprevedibile.

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