Confessano i due pluriomicidi di Erba e scende la tristezza. Come ricordavo in un post di due giorni fa, la questione è delicata e lo ribadiva Marcello Saponaro in un bel commento, ricordando che l’assessore Prosperini, esponente della turbodestra lombarda, in un dibattito televisivo, aveva sentenziato: «quel delitto può averlo commesso solo un islamico!». Infatti, non l’ha commesso né un islamico né uno straniero. La violenza di Erba, quella di casa nostra (quella all’interno delle nostre case), l’invidia sociale, le inimicizie di una realtà provinciale tanto tranquilla quanto potenzialmente efferata, ci parlano di un paesaggio più tradizionale ma per questo non meno sconvolgente. Di fronte a simili avvenimenti, la politica ha un compito e una responsabilità grandi: cercare di elevare i conflitti, nell’interrogarsi sulle ragioni piuttosto che nell’alimentare polemiche e commenti da trivio, come è puntualmente accaduto anche a margine della strage di Erba. A volte il male abita presso di noi e siccome fa ancora più paura è più semplice allontanarlo, attribuendolo a questo o a quell’uomo nero, venuto da lontano, dimentico di sé e degli uomini.

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