Questa mattina, nell’ambito delle mie ricerche sull’affaire Cascinazza, ho preso visione di alcuni documenti di estremo interesse per la salvaguardia di una porzione molto grande della nostra città, da piazza Castello fino al confine con Cologno e Brugherio, attraverso il complesso di San Gregorio e della Cascinazza. Riporto brevemente alcuni stralci che confermano le ‘scoperte’ di ieri.
«L’area Cascinazza rientra dunque nel novero di quelle terre lombarde d’elezione che furono dotate del prato irriguo, cioè dove da secoli è stato possibile ottenere le più alte produttività in campo cerealicolo/foraggero e zootecnico. Le sue rogge, i suoi campi regolari – e nel passato, presumibilmente, le sue piantate di gelsi e viti – ne fanno un tipico esempio di paesaggio agrario lombardo» (Marco Canesi, in M. Canesi e B. Rocca, Monza. Sviluppo, identità culturale, ambiente, Giessea, 1985, p. 112). Canesi registra l’abbandono delle attività della Cascina (benché ancora oggi le superficie agricole si estendano per 50 ettari), sottolineando come «a questa vicenda, esempio tipico della pervicace protervia di quelle forze economiche e politiche che perseguono l’esclusiva logica della rendita e/o del profitto, manca ancora una conclusione». Lo stesso vale peruno studio del 1991 a cura del prof. Pompeo Casati, che muove da una mappa del 1693 (fotografata da Miro Ferrari), la più antica di cui siamo a conoscenza. Curioso notare che, precisa Casati, «la mappa fu disegnata per fare chiarezza su una controversia sorta, in merito allo sfruttamento dell’acqua del Lambro, tra i Conti Durini e i “Regij Beneficiati della Chiesa di S. Giovanni di Monza”». Il contenzioso e l’acqua del Lambro, gli stessi due ingredienti della storia attuale. Luogo di marcite, la Cascinazza, fino agli anni Settanta, è l’unico e ultimo ambito di questo tipo nel territorio di Monza, nota poi Daniele Garnerone nel 2000. Pratica introdotta dagli Umiliati, nome di per sé chiarificatore di come si sentano oggi i cittadini monzesi. Le rogge erano tre: quella della Lupa, quella Rizzarda e quella detta Manganella. La legge regionale 7/2003 già richiamata per il caso della cava di Caravaggio (i legislatori ad hoc erano probabilmente distratti…), che tutela fontanili e colatori (collettori e rogge) fa testo anche per la Cascinazza. L’importanza del suo sistema idrico è chiarita da uno studio del Politecnico, probabilmente una cellula comunista. La ricerca prosegue…

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