A volte, da cosa nasce cosa. Abbiamo girato un film sulla Cascinazza nel quale Maurizio Beghin, storico cittadino di San Donato, parla dell’esondazione del 1976, indicando il punto di massima estensione della piena, registrato nella notte tra il 30 e il 31 ottobre. Un punto che si colloca ben oltre l’area della Cascinazza, appunto, e fin nel cuore del quartiere. Ora, altri stanno raccontando quella notte e quell’ottobre, in cui il Lambro esondò due volte, all’inizio e alla fine del mese: registreremo il loro racconto per dare qualche informazione in più ai nostri solerti amministratori regionali. Nel film si parlava di Boni, assessore regionale all’urbanistica (Lega Nord: dalla devolution alla speculation), un tipo particolarmente coerente, che a Report aveva fatto capire che la legge 12 del 2005 era una legge ad hoc e a Monza aveva promesso che non ne avrebbe mai presentate di simili, per poi smentirsi puntualmente con la legge 12 del 2006. Boni è anche presidente dell’Agenzia interregionale per il fiume Po e spiega a Comuni e associazioni, in una lettera di qualche giorno fa, che l’assurdo progetto dello scolmatore va avanti, anche se per ora non ci sono i soldi. Ottimo. Ma Boni, al solito, dice di più: da una parte, conferma l’«inadeguatezza della capacità di deflusso del fiume Lambro» alla luce di «un forte incremento del valore di portata della piena» (quindi, le piene sono ancora più pericolose che in passato); dall’altra, spiega che «l’opera di presa» del canale scolmatore non sarà localizzata presso il Ponte delle Catene, come da noi denunciato, ma qualche decina di metri più a nord (come piace alla Lega). Ciò vuol dire che l’imbocco del canale scolmatore sarebbe comunque in pieno Parco reale e passerebbe proprio nella zona della facoltà di agraria, uno dei punti più belli del Parco: ma a Boni non interessa. Nel frattempo, una ricerca del Comune di Monza spiega perché la storia della strada romana è una colossale panzana. Mi spiego: la proprietà sostiene – attraverso un perito dell’università di Disneyworld – che l’acqua non ha mai superato la strada romana che attraversa l’area, perché i romani, astutissimi, non avrebbero mai costruito una strada a rischio idrogeologico (cosa che la Lombardia continua a fare, comunque…). Ora, dopo aver scoperto che non è vero e che l’acqua del fiume, quando esonda, supera la strada romana, abbiamo anche scoperto che la strada romana, così come la descrivono i ‘tennici’ della proprietà, non è mai esistita. Proprio così. Nel catasto teresiano del 1722 (anche gli austroungarici contro Berlusconi?) la strada non appare, ‘spuntando’ soltanto nel catasto successivo, in pieno Ottocento (1833, per la precisione). Adesso cosa diavolo si inventeranno, una colonia fenicia?

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