L’espressione è di Fabio Volo, che a me è simpatico, anche se scade sovente in un qualunquismo un po’ sciatto. Ma, Volo, per un attimo lasciamolo lì, perché ci tornerà buono tra qualche riga. Il suo motto della trasmissione di questa mattina, si ricollega ai Barbari di Baricco, libro che vale la pena di leggere e che entra di diritto nei consigli per i regali natalizi che ci facciano un po’ pensare. Nella tipologia del barbaro baricchiano – a cui, per la verità, non si sottrae per certi versi nemmeno lo stesso Baricco, con tutte le concessioni all’estetizzazione di se stesso che ci ha proposto negli ultimi anni – rientra perfettamente Fabio Volo. Quando si leggono i suoi libri, ad esempio, di cui il primo è bello, il secondo proprio no e il terzo così così, si scopre come l’esperienza della lettura sia strettamente collegata alla conoscenza dell’autore, che si conosce per altri motivi, e alla sua popolarità, che costituisce in qualche modo il contesto della stessa ‘opera’ letteraria. Lo stesso vale per il tratto commerciale, che invade il campo della letteratura e, inevitabilmente, lo trasforma (qualcuno sostiene addirittura che lo comprometta, ma sono d’accordo solo fino ad un certo punto). Un mondo che i barbari hanno già conquistato, all’insegna di mosse inaudite e dirompenti. Tra le quali c’è sicuramente quella di ascoltare Volo, la mattina, prima di andare a lavorare e, cercando per il resto della giornata di galleggiare in profondità. Oppure, approfondire sì, ma in superficie, che è anche più comodo. E meno impegnativo (la parola meno barbara che c’è).

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