Come molti sanno, coltivo studi rinascimentali. Sono un appassionati di ritorni, di orbite storico-filosofiche, di rivoluzioni (concetto astronomico di cui la politica si è appropriata proprio nel Quattrocento), di corsi e ricorsi. Forse è per questo motivo che lo scenario della politica regionale mi sembra così interessante. Capirete, ad esempio, il mio entusiasmo nel notare che il primo anno della legislatura regionale ha una fine che è identica al suo inizio. Formigoni, come l’anno scorso, sta preparando la nuova Giunta con uno sforzo non raccontabile, per tenere a bada tutte le componenti di Forza Italia – Cl, liberal, terzisti, indipendenti e dipendenti (di Berlusconi); la Lega discute come se si trattasse di un vero dilemma se è meglio Zanello o Albertoni alla guida del Consiglio regionale, concludendo che è meglio il secondo perché lo Zanello sarebbe inviso a Formigoni e l’Albertoni indicato direttamente dal Bossi; gli assessori si apprestano a cambiare poltrona finché la musica non si interromperà: qualcuno rimarrà senza seggiola e tornerà a fare il consigliere, altri potranno dimostrare la loro preparazione polivalente, enciclopedica, passando dalla sicurezza ai servizi di pubblica utilità, dal commercio all’urbanistica, come se sapessero fare tutto (strano che Formigoni non ricordi il dantesco «se potuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria»); e tutto avviene mentre i lombardi iniziano a chiedersi se il tempo si sia fermato, se ritorni indietro ogni anno. In un film – Mississippi burning – gli spettatori vengono avvertiti che quando si entra nello Stato americano, le lancette vanno riportate indietro di un secolo. In Regione Lombardia – Lombardia boring – soltanto di un anno. Ogni anno, in saecula saeculorum.

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