È arrivato Mario Draghi. Discorso di alto profilo, vago quanto basta, serio il necessario.

La combriccola intorno a lui è agghiacciante, e allora tutti a dire: la risolve lui. Come se fosse CR7.

Comprendo l’esigenza di affidarsi al campionissimo, al di là delle sue – finora – ignote convinzioni politiche, rispetto alle quali sarà il caso di approfondire, prima di rimanerne delusi.

Ma è l’uomo solo, che si staglia. E tanto basta.

Del resto, lo stesso Bersani che per anni ha contestato la politica dell’uomo solo al comando, in un vero e proprio mantra (pensava a Renzi, il Bersani), si è preso una sbandata colossale per Conte. Quindi, non si può mai dire.

E poi la coalizione tipo bar di guerre stellari riporta inevitabilmente lo sguardo sul presidente del Consiglio e sulle eccelse qualità tecniche (dal punto di vista tattico, sospendiamo il giudizio).

Ma in tutto questo c’è un “ma”. Perché se è sbagliata l’impostazione del leader assoluto, lo è sempre. E se è sbagliata, dobbiamo insistere facendo intensità sui temi che ci stanno a cuore. Non meno di prima, più di prima. Dobbiamo insistere sulle cause perse – ieri anche Draghi si è perduto di vista la cultura, ad esempio, in una generale freddezza del suo intervento, buono invece sulla Scuola. Dobbiamo insistere perché siamo orgogliosi e felici di quello che pensiamo noi, non solo di quello che pensa il leader di turno.

E poi dobbiamo pensare a cosa verrà dopo, che sarà presto, oltretutto, se Draghi da Chigi vorrà salire al Colle (operazione non così scontata).

Perciò vi do un consiglio. Seguite la politica. Fatela. Lei ne ha molto bisogno.

Scegliete un partito. La mia preferenza sapete qual è.

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