Il suo nome era Cerutti Gino, ma lo chiamavan Drago.

Non sono passate le fatidiche 48 ore ed è già tutto un florilegio, un bailamme, una danza macabra.

C’è chi fino a ieri diceva «O Conte o voto» che inneggia a Draghi. Chi chiede un ruolo allo stesso Conte, che rimpiange (durerà poco, come è giusto che sia). Chi vuole un governo politico (!). Chi indica ministri, in molti casi se stesso, perché così può darsi la fiducia. Chi riparte dalla stessa alleanza (quale?) che sosteneva Conte. Chi dice che se Draghi fa quello che dice lui certo che lo vota. Chi vuole il voto ma non troppo e magari alla fine si astiene. Chi era amico di Draghi fin dalle elementari, chi lo ha sempre stimato, anzi amato, anzi ha proprio il poster in camera (minuscolo).

Invece di starsene zitti, hanno ricominciato subito a straparlare tutti quanti.

I migliori sono quelli che paragonano Draghi a Monti, dimenticandosi un piccolo, trascurabile particolare: che Draghi ha tanti soldi da spendere, Monti aveva tanti soldi da chiedere.

Come avevo previsto, in ogni partito c’è una frattura, ma a parte il Subcomandante Di Battista – uno talmente equilibrato che a me diede del mafioso in diretta tv – pare che tutti preferiscano starsene lì, al calduccio, continuando a fare le stesse cose che facevano prima. Ho visto un Salvini, ieri, sera in versione peluche, in tv. Anche la posizione di Crimi, “primitiva” o forse “crimitiva”, è presto rientrata: dice che i deputati 5s Draghi lo votano eccome. Chissà.

Qualcuno nel Pd si vanta (addirittura!): «siamo noi la nuova Dc!!!». Bella scoperta. Sono anni, ragazzi, che andate avanti così.

Nel frattempo Mario Draghi ha solo detto «buongiorno». E mi auguro in tutta sincerità che ascolti il meno possibile questo chiacchiericcio insensato e nauseante.

Chi ha voglia di progettare un futuro diverso da questo presente infinito, può contribuire a estendere la Zona lampone, dove alcuni alieni stanno pensando a qualcosa che con tutto ciò abbia poco, pochissimo a che fare.

Perché certe cose non le farà Draghi e, con questo Parlamento di strateghi, non le potrà fare: dovete pensarci voi, dobbiamo pensarci noi. Sulla base di un progetto, di uno studio, estendendo una consapevolezza che sulle questioni decisive sembra totalmente mancare.

È Possibile.

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