Chissà se rimpastano, rimpiastrano, rimpestano. Chissà se si inventeranno cantieri, accrocchi, alleanze, con nuovi acronimi sempre più artificiosi e incomprensibili.

Chissà se ci saranno ancora Raggi su Roma o se si devono attendere le Calende (quelle non greche arrivano) o forse un nome pesante, chessò, un segretario romano del Pd, del presente o del passato.

Chissà cosa succederà alle stelle che da 5 erano diventate milioni: la stella polare non c’è più e la cintura di Orione è cascata da un pezzo.

Chissà se la sinistra troverà un Pietro Grasso – a cui vanno i miei personali saluti perché è da qualche anno che non si sente – oppure si affiderà a soluzioni diciamo sanremesi.

So quanto sia importante però posso serenamente affermare che a me, di tutto questo, non interessa un cazzo di niente.

L’unica cosa che potrebbe interessarmi, all’interno della politica politicante (politica poco, politicante tantissimo), è se si decideranno a fare una legge elettorale dignitosa, dopo aver ridotto controvoglia il numero dei parlamentari e avere conservato, fino ad ora, il Rosatellum-Porcellum dell’ultima volta, che tanto bene ha fatto un po’ a tutti (risate scroscianti e complimenti vivissimi agli strateghi di allora, in sella ancora oggi, perché il merito va premiato, sempre).

Come ho già avuto modo di dire tornerò a fare politica – il sabbatico è durato a sufficienza, anche se ho come l’impressione di aver fatto più politica negli ultimi tempi che negli anni precedenti – ma mi occuperò soltanto di tre cose: progressività, patrimoniale e soprattutto clima.

Tre cose, tutti i santi giorni. Per andare dove? Per salvare il patto sociale e salvare il mondo. «Solo?», direte voi?

Sì, il resto lo lasciamo volentieri ai professionisti. Quelli bravi.

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