Sta succedendo. È come se ci fosse una dissociazione cognitiva. Da una parte si festeggia per la riapertura, dall’altra si sa benissimo di non aver chiuso abbastanza. E di essere ancora a metà del guado.

Ripartiamo, s’ode a destra e a manca. Chi è nelle migliori condizioni per ripartire è proprio il virus.

Dice che i dati stanno migliorando: ti credo, siamo chiusi in casa da un mese – non tutti, perché il famoso decreto del chiuditutto faceva acqua e contagi da tutte le parti. Ed esistono ancora situazioni allarmanti, a cominciare dalla Liguria e dalle regioni alpine. Fingiamo di non vederle?

Dice che i contagiati sono tanti ma perché aumentano i tamponi. Certo, questo cambia la base statistica ma non è che i contagiati non esistano. Forse, prima, fino a pochi giorni fa, non li contavamo. Vale di più il ragionamento inverso, se posso.

Il presidente della Regione Lombardia ieri parlava di una splendida giornata. Peccato che la giornata fosse tutt’altro che splendida, così come la notizia di centinaia e centinaia di deceduti nelle Rsa lombarde. Anche nel campo della maggioranza di governo qualcuno pressa. Ma se facciamo così, usciamo e poi rientriamo subito. Spero sia chiaro.

Peraltro in questo continuo celebrare se stessi anche quando si sbaglia platealmente, non troveremo certo la soluzione. E che ancora parlino i protagonisti del Vajont bergamasco ha letteralmente dell’incredibile. E dell’immorale, anche.

Se in Veneto la consulenza di Crisanti sta funzionando, perché non universalizzare quell’approccio, in tutto o in parte?

Le Rsa, dicevamo, e gli ospedali sono campi di battaglia. Quali misure sono state prese per evitarlo e per metterli in sicurezza?

C’è chi rivendica approcci nazionalistici, a proposito dell’Europa. Succede nell’estrema destra, succede anche a sinistra. Ma sono proprio gli approcci nazionalistici a impedire la condivisione del debito e la speranza degli eurobond. Non capirlo significa mentire, a se stessi e agli altri.

C’è chi sbandiera – ancora – soluzioni che hanno sprecato risorse per ragioni elettorali, senza considerare che ancora una volta la parola chiave è investimenti. E scelte strategiche. La tattica è stata spazzata via dal virus. Le furbizie non sono mai state una soluzione. Figuriamoci ora.

Non si può rimpiangere di avere distratto fondi dal sistema della sanità pubblica, per fare un esempio, e pensare che di fatto si possa continuare a farlo.

Sono contraddizioni, plateali, di cui dobbiamo liberarci, una buona volta.

E se vogliamo riaprire, dobbiamo trovare la chiave. E la chiave sono tutti gli strumenti possibili per proteggere le strutture sanitarie e i luoghi di lavoro, individuare i positivi, tracciare i contagi e fermare i focolai al primo segnale.

«Assolver non si può chi non si pente, né pentere e volere insieme puossi per la contradizion che nol consente».

P.S.: Crisanti per la fase due dice (Adnkronos):

«La premessa è che la rimozione delle misure dovrà essere graduale e riflettere le situazioni locali, tener conto delle differenze estreme che abbiamo sia fra le Regioni che addirittura al loro interno, a seconda delle aree che prendiamo in considerazione. Punto primo: non si potrà prescindere dalla distribuzione su larga scala di dispositivi di sicurezza, dalle mascherine ai guanti e così via. Il secondo aspetto indispensabile è il rafforzamento della medicina del territorio e dei servizi sul territorio, a partire dai servizi di diagnosi, senza dimenticare il monitoraggio dei luoghi di lavoro. Ultimo aspetto non meno importante: occorrerà accettare di rinunciare in parte alla propria privacy per garantire il tracciamento elettronico dei contatti nel caso di soggetti infetti».

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