Tra poco sarò in piazza perché le sardine si manifesteranno anche sotto casa mia.

Meglio sottrarsi alla strumentalizzazione che abbiamo già visto da parte di tutti e a quell’incredibile profluvio di metafore salmastre che l’accompagnano, che tra squali balena e trote e scatolette di tonno, il darsi all’ittica è sempre stato un sport della politica nazionale.

D’altra parte anche essere sardonici mi pare altrettanto sbagliato, snob, ridicolo da parte di chi la piazza non la conosce, non la frequenta, non la organizza da anni.

I toni contano, eccome. E sapere che di fronte a una politica sempre più violenta, non solo a destra, ci siano piazze che scelgono registri diversi, è confortante. Mi sono sentito dire per anni che era il caso di tirare fuori le palle. Le piazze in questione chiedono, invece, di rimetterle al loro posto, le palle. E provare a ragionare.

Credo che il punto successivo e qualificante sia sempre lo stesso. Offrire a questa e ad altre piazze, a partire da quella dei «venerdì per il futuro», alcuni strumenti, con la curiosità di saperli discutere con chi a queste piazze dà vita. Formativi e progettuali, se ne saremo capaci. Perché la mobilitazione prenda il profilo di una proposta politica. Chiara, inequivocabile.

Si deve evitare il paternalismo, la politica attuale ha dimostrato di non saper insegnare, di non essere una buona maestra, ha cercato di vivacchiare e ha lasciato ai nuovi arrivati un deserto politico e culturale. Non a caso a Milano, a fare lezione saranno i giovani della «Generazione G» e noi ad ascoltare. Perché ciò che pensiamo si deve mettere in gioco, senza paura, con chi si affaccia sulla scena della politica e dell’impegno civile.

Dal punto di vista dei contenuti e della scelta degli argomenti, tra formazione e Firmamento, ci continuiamo a provare. Perché solo con un progetto per il paese e una cultura e quindi una proposta politica si riesce ad uscire «fuori dalla scatola». Soltanto se ascolteremo le domande, sapremo dare delle risposte. E se ne coglieremo la gravità e l’ampiezza, faremo un buon servizio al paese.

Perché lasciata la piazza, da sempre, bisogna decidere che strada fare e quale itinerario percorrere. Quale direzione scegliere, appunto.

Ci vuole competenza e quel gusto per ciò che ancora non c’è che sembrano aver perduto tutti. Che non è populismo, è proprio il suo contrario: è politica.

E la politica è frutto di scelte, da compiere, da maturare, possibilmente insieme.

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