La commozione di Greta Thunberg a New York è stata salutata dal solito berciare dei cretini, che sono riusciti pure ad aprire una vergognosa discussione sulla sindrome di Asperger, mandandola in TT.

A tanto siamo arrivati, non da oggi.

La cosa che mi impressiona di più è la totale irresponsabilità di chi si ferma al dito che, in questo caso, indica la Terra.

Perché ciò che dice Greta è scritto nella quasi totalità degli studi scientifici che si occupano della questione e ha un significato politico gigantesco. Perché non è del clima e di un generico ambientalismo che si parla, ma di una grande conversione economica e quindi sociale. Si parla del modo in cui guardiamo al mondo, alla vita umana (proprio così), ai nostri figli. Al modello economico e di sviluppo che abbiamo e quello di cui avremmo bisogno. Del concorso di tutti gli attori politici, istituzionali ed economici perché si cambi direzione di marcia.

Che cosa ci sia da ridere di fronte alla commozione di una ragazzina, nemmeno il cuore immacolato di Maria – invocato da persone che disprezzano gli altri – potrebbe spiegarcelo.

Ieri sera su Sky Francesca Baraghini si chiedeva come può essere che il pianto di un ragazzino non fermi il mondo. Mi sono permesso di ricordare che nel 1992, a Rio de Janeiro, una ragazzina come Greta aveva detto più o meno le stesse cose. Sono passati 27 anni. E già allora tutto ciò di cui discutiamo era già noto. La ragazzina aveva 12 anni, ora è una donna, si chiama Severn Cullis-Suzuki.

È passata un’intera generazione. La prossima vivrà in un mondo assurdo. Ridiamoci sopra.

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